Il questore di Palermo, Guido Longo, ha disposto che vengano vietati i funerali in chiesa per il boss mafioso Bernardo Provenzano, morto ieri all’età di 83 anni. La decisione è stata presa per motivi di ordine pubblico, come già avvenuto in passato per altri casi analoghi. I familiari del capomafia, ha spiegato all’Ansa il questore, potranno accompagnare in forma privata la salma del congiunto nel cimitero di Corleone, ma senza che si svolga la cerimonia funebre in chiesa.
Il capomafia era detenuto al regime di 41 bis nell’ospedale San Paolo di Milano. Tutti i processi in cui era ancora imputato, tra cui quello sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia, erano stati sospesi perché il boss, sottoposto a più perizie mediche, era stato ritenuto incapace di partecipare. Grave stato di decadimento cognitivo, lunghi periodi di sonno, rare parole di senso compiuto, eloquio assolutamente incomprensibile: è l’ultima diagnosi che i medici dell’ospedale hanno depositato. Nelle loro conclusioni i medici dichiaravano il paziente “incompatibile con il regime carcerario”, aggiungendo che “l’assistenza che gli serve è garantita solo in una struttura sanitaria di lungodegenza”. Da anni l’avvocato del boss, Rosalba Di Gregorio, aveva chiesto senza successo, la revoca del regime carcerario duro e la sospensione dell’esecuzione della pena per il suo assistito, proprio in virtù delle sue condizioni di salute.
Provenzano era ricoverato nell’ospedale San Paolo di Milano dal 9 aprile 2014, proveniente dal centro clinico degli istituti penitenziari di Parma. La moglie e i figli di Provenzano, giunti a Milano il 10 luglio, come informa il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, il giorno stesso sono stati autorizzati ad incontrare il loro congiunto.
“Provenzano per me è morto quattro anni fa, dopo la caduta nel carcere di Parma e l’intervento che ha subito. Da allora il 41 bis è stato applicato ai parenti e non a lui, visto che da tempo non era più in grado di intendere e di volere e di parlare”. Così l’avvocato Rosalba Di Gregorio, legale del boss, ha commentato la notizia della morte del padrino corleonese. La penalista, viste le gravissime condizioni di salute del capomafia, negli ultimi anni ha presentato due istanze di revoca del carcere duro e tre di sospensione dell’esecuzione della pena. Tutte sono state respinte.
Roberto Piscitello, direttore generale dei detenuti e del trattamento del Ministero della Giustizia, replica così: “Le condizioni di Bernardo Provenzano si sono aggravate ulteriormente venerdì scorso a causa di un’infezione polmonare. Provenzano è entrato in coma irreversibile lo stesso giorno. I sanitari dell’ospedale di Milano, d’accordo con il Dap, hanno avvertito immediatamente i familiari, che sono arrivati e hanno potuto usufruire di un incontro col loro congiunto”. “Il regime di 41 bis – spiega il magistrato – in nulla ha aggravato lo stato di salute di Provenzano: anzi nei due ospedali in cui è stato detenuto, a Parma e a Milano, ha ricevuto cure puntuali ed efficaci”.
Bernardo Provenzano (qui le foto segnaletiche diffuse quando era ricercato) era uno dei criminali italiani più conosciuti al mondo, per il suo potere e la sua crudeltà. Venne arrestato l’11 aprile del 2006 dopo ben 43 anni di latitanza in una masseria di Corleone, a poco distanza da casa sua e dei suoi familiari.
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