Nord e Sud, autonomia differenziata e coesione territoriale

di SERGIO SIMEONE* – I nostri euroscettici per anni ci hanno trapanato le orecchie con le loro invettive contro  l ‘Europa raffigurata come la nostra principale nemica, quella che con il suo rigore impedisce all’Italia di  spendere per fare una politica espansiva e di crescita,  e addossandole quindi anche il mancato sviluppo del Mezzogiono.  Finché Marc Lemaitre, direttore generale della politica regionale della commissione europea, in coerenza con il suo nome , ha deciso di dare una memorabile lezione a questi signori scoprendo il loro bluff: l’Europa fa il suo dovere, dice in una lettera rivolta al Governo del nostro Paese, stanziando i fondi strutturali per lo sviluppo delle  aree svantaggiate come il Mezzogiorno, ma è l’Italia che invece  non fa il suo dovere non aggiungendo i fondi di sua competenza.

Ma i nostri principali euroscettici, i leghisti, non si sono limitati ad addossare all’Europa le responsabilità, che sono esclusivamente italiane, per lo scandaloso divario che si fa sempre più grande tra  nord e sud. Non contenti  hanno anche tentato un ulteriore scippo ai danni del mezzogiorno con l’autonomia differenziata nella versione Fontana-Zaia-Stefani che avrebbe drenato altre risorse dal sud verso il nord. Questo tentativo è stato stoppato dal nuovo governo, il cui ministro per gli affari regionali Francesco Boccia ha dichiarato che prima si definiscono i LEP (livelli essenziali di prestazioni) e poi si parla di autonomia, sempre in un quadro di coesione nazionale .

Sappiamo, però, che non basta varare un piano e stanziare  fondi, ma occorre anche essere capaci di spendere i soldi stanziati, vero tallone d’ Achille del nostro Paese e soprattutto delle Regioni meridionali. Ma anche qui occorre sfatare un mito: non è vero che questa difficoltà sia insuperabile. Basta  fare un passo indietro di sette anni per trovare un ministro, Fabrizio Barca (ministro per la coesione territoriale  nel Governo Monti), che è stato in grado di spendere in 14 mesi 9,2 miliardi, quanti cioè ne erano stati spesi nei 58 mesi precedenti. Poi, però, questo bravo ministro, per ragioni incomprensibili, non è stato più nominato in nessuno dei governi successivi.

Ora tocca a Giuseppe Provenzano, ministro per il Mezzogiorno, raccogliere l’eredità di Fabrizio Barca. Il suo curriculum lascia ben sperare trattandosi del giovane vice di Giannola, presidente dello SVIMEZ, che per primo lanciò l’allarme contro la polpetta avvelenata preparata dal trio Fontana-Zaia-Stefani con la bozza di accordo Stato-Regioni per l’autonomia differenziata. Ma naturalmente aspettiamo la prova dei fatti, che potranno venire non solo dalla bravura di Provenzano, ma anche dal sostegno che riceverà dal Governo Conte 2.

*Sergio Simeone, docente di Storia e Filosofia, è stato dirigente del Sindacato Scuola Cgil

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