di SERGIO SIMEONE – L’economista Roberto Perotti ha condotto, per conto di “La Repubblica”, un’indagine sui programmi proposti dai vari partiti e coalizioni per le elezioni politiche del 4 marzo, per valutarne la compatibilità con l’esigenza di non aggravare il debito pubblico. Chi esce meglio da questa analisi è LeU con uno squilibrio fra entrate ed uscite di “soli” trenta miliardi (ma anche questi, a dire il vero, vengono contestati dagli economisti di LeU, Guerra, Visco e Parella, che hanno preparato il programma). Questa maggiore sobrietà del programma della formazione di sinistra trova riscontro nel comportamento tenuto dai suoi rappresentanti nei talk show televisivi dove si sono distinti per il garbo e lo sforzo di sostenere le loro tesi con il ragionamento e non con gli slogan urlati.
Se dietro questo comportamento ci fosse la strategia di un esperto di comunicazione incaricato di suggerire le mosse migliori per vincere le elezioni, questo esperto andrebbe licenziato in tronco, perché avrebbe contravvenuto alla regola fondamentale di ogni competizione: à la guerre comme à la guerre (e il barone Von Klausevitz ci ha insegnato che la politica è una guerra condotta in altre forme). E’ chiaro a tutti, infatti, che le elezioni il 4 marzo le vinceranno i seminatori di odio e gli illusionisti con le loro urla e le loro lusinghe, non chi mette in campo il mite sorriso di Grasso, la garbata ironia di Bersani e la razionalità un po’ algida di D’Alema.
Ma io, invece , voglio essere ottimista. Preferisco pensare che chi ha elaborato il programma e chi ha curato la strategia comunicativa lo abbiano fatto avendo in vista un obiettivo di medio-lungo periodo, quando, passate le elezioni, la polvere sollevata dalle minacce insensate e dalle promesse irrealizzabili, che si andranno a scontrare con la realtà dei conti pubblici, comincerà a diradarsi e la batosta elettorale farà cadere la presa di Renzi sul Pd. A quel punto, può darsi che tra la gente la ragione riprenda il sopravvento sulla pancia e, al tempo stesso, nel Pd si creino nuovi equilibri, nei quali prevalgano i Gentiloni, i Franceschini , i Delrio. A quel punto è possibile che si creino di nuovo le condizioni per l’avvio di un dialogo costruttivo tra LeU e il Pd. E si possa, di conseguenza, rilanciare una politica di centrosinistra.
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