di STEFANO CLERICI – Certo che, se continuano così, il PdR avrà pure buone possibilità di scomparire, ma i Cinque Stelle avranno scarsissime possibilità di mettere piede a Palazzo Chigi. E – quel che più preoccupa – l’Italia avrà ottime possibilità di tornare nelle mani della destra, ancor peggiore di quella che l’aveva portata sull’orlo del precipizio, prima dell’allora indispensabile arrivo di Mario Monti.
Andiamo con ordine. Dopo aver preso tante e tali bastonate che, in ogni altro paese occidentale avrebbero convinto qualsiasi leader politico a cambiare mestiere o almeno a non farsi più né sentire né vedere per un bel po’, Matteo Renzi, invece, si è formalmente (e ripetiamo formalmente) dimesso, restando però sostanzialmente (e ripetiamo sostanzialmente) in carica, continuando a fare il “burattinaio” di ogni rappresentazione. Anche perché i “burattini”, proprio come nella favola di Pinocchio, pare abbiano il terrore di contraddire “Mangiafuoco”, temendo di essere altrimenti trasformati in legna da ardere (politicamente, s’intende). Il risultato è sotto gli occhi di tutti: arrocco totale e opposizione “a prescindere”, come avrebbe detto Totò.
Sull’altro fronte, atteggiamento quasi speculare. Nella conferenza stampa con i rappresentanti della stampa estera, ieri Luigi Di Maio ha detto testualmente: “Noi non contempliamo nessuna ipotesi di governo istituzionale e di governo di tutti, gli italiani hanno votato un candidato premier, un programma e una squadra”. E poi ci ha messo il carico da undici: “Non siamo disponibili a immaginare una squadra di governo diversa da quella espressa dalla volontà popolare: c’è stata una grande investitura”.
Ebbene, Di Maio non dice il vero e sa di non dirlo. Con questa legge elettorale, gli italiani non hanno votato né un premier (figura oltretutto non prevista nella nostra Costituzione di Repubblica parlamentare), né un è un programma, né tantomeno una squadra. Hanno votato le varie forze politiche, approvando (o bocciando) le loro proposte e i rispettivi candidati. Ora sta a loro trovare un punto di incontro e arrivare, attraverso una negoziazione, a trasformare quelle proposte in un programma da realizzare. Un programma di governo, stavolta, e non più un programma elettorale. Un programma di cose che si possono fare e non che si potrebbero fare.
Altrimenti, come dice il proverbio, tra i due litiganti…Non a caso, sempre ieri mattina, alla trasmissione “L’aria che tira” su La7, quella vecchia volpe di Ignazio La Russa ha ricordato che basterebbe assai poco per tornare presto e bene alle urne: basterebbe tenersi la legge elettorale che c’è con l’aggiunta di un brevissimo emendamento a suo tempo presentato da “Fratelli d’Italia” che concede alla coalizione che raggiunge (guarda caso) il 37% di arrivare al 51%.
Così i giochi sarebbero fatti. Con buona pace del PdR, dei Cinque Stelle e degli italiani.
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