Senza tradire il suo tono pacato e conservando un linguaggio lineare e comprensibile a tutti – anche se a qualcuno può essere sembrato, a torto, viziato da un sapore di prima repubblica – il presidente Mattarella, attraverso il suo discorso di fine anno, ha trasmesso agli italiani con una certa fermezza alcuni messaggi molto chiari. Soprattutto l’ultimo: alle urne non si torna se il parlamento non avrà approvato (e – sottinteso – non a colpi di maggioranza e di “voti di fiducia”, come era accaduto per l’Italicum, voluto e imposto da Renzi e poi dallo stesso Renzi sconfessato e messo sul piatto del referendum come contropartita per un sì alla sua pseudo riforma costituzionale) una legge elettorale valida per entrambe le Camere e correttamente bilanciata. Rispettando il responso delle urne del 4 dicembre, che ha segnato la vittoria del No.
E ha fatto precedere questo messaggio da altri, che evidentemente a suo avviso hanno priorità e urgenza: lavoro, lotta alla corruzione, difesa dal terrorismo, gestione rigorosa dei flussi migratori. Il tutto in un clima di reciproco rispetto, di osservanza delle regole di convivenza tra le forze politiche pur nella difesa della diversità di idee.
Si farà garante di tutto ciò, senza tentennamenti? Sembra averlo promesso. C’è da sperare che non vi si sottragga in corso d’opera.
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