ORA DI PUNTA/ Le due facce della fuga e della eliminazione di un terrorista

 

FOTO - Il direttore Ennio Simeonedi ENNIO SIMEONE –

I due poliziotti di Sesto San Giovanni meritano elogi e riconoscenza sia per la professionalità dimostrata nel controllo del pezzo di territorio che era stato affidato alla loro vigilanza, sia per la prontezza nel reagire all’attacco imprevedibile del terrorista tunisino. E bene hanno fatto, quindi, i vertici della Polizia e il governo, per bocca nuovo ministro dell’Interno, Marco Minniti, a darne loro pubblicamente atto e persino a farsene motivo di vanto.

Tuttavia la bravura dei nostri agenti e in genere delle nostre forze di polizia – il cui coordinamento tra loro sta progressivamente intensificandosi con risultati che ci confortano – finisce per contrastare in maniera preoccupante con le allarmanti lacune che l’intera vicenda di Berlino ha messo in evidenza, più ancora, forse, delle stragi di Parigi, di Bruxelles, di Nizza. E non lo rileviamo perché stavolta il nostro paese ne è stato coinvolto direttamente (anche con una vittima, come al Bataclan di Parigi), ma per il modo e per i tempi in cui è stato coinvolto.

Ricordiamoli: Anis Amri è approdato in Europa mettendovi piede tra rifugiati di Lampedusa. E’ vero che non si sapeva né si poteva sapere chi fosse e quali intenzioni avesse, ma queste intenzioni le ha rivelate ben presto partecipando all’incendio della Casa Fraternità della parrocchia di quell’isola. E, condannato, dopo 4 anni di carcere – grazie ad una interpretazione fin troppo garantista delle norme sull’immigrazione – è stato rimesso in libertà per mancanza di notizie dalla Tunisia sul suo conto. Poi è andato in giro per mezza Europa liberamente, Italia compresa; probabilmente (ma forse non lo sapremo mai con certezza) su quel Tir polacco è salito proprio in Italia, carpendo la buona fede del camionista o usando violenza contro di lui; e ancora, dopo aver compiuto la carneficina nel mercatino di Natale, ha girato impunemente in Germania e in Francia e dalla Francia è tornato in Italia, viaggiando sui nostri treni che hanno toccato città come Torino e Milano, fino ad arrivare – chissà perché ? – a Sesto San Giovanni.

Esaltarsi per la bravura dei nostri due poliziotti non può offuscare l’allarmante sequenza che ha portato e riportato quel pericoloso figuro in Italia, senza che lo fermasse alcun filtro ai vari confini dell’Europa di Schengen. Che risultano purtroppo ormai troppo labili per la nuova realtà  che si è andata creando con le infiltrazioni terroristiche anche – diciamolo senza ipocrisie – attraverso i flussi migratori.

Occorrono invece maggiore cautela e nervi più saldi, frenando gli entusiasmi e gli eccessi, che sono sconfinati nell’imprudenza del ministro di diffondere nomi e foto dei due agenti che hanno neutralizzato lo stragista di Berlino. Contravvenendo a una riservatezza  che in questi casi dovrebbe essere la regola.

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