ORA DI PUNTA/ Ma la riforma fiscale non è uguale per tutti

di SERGIO SIMEONE – Per 40 anni ho insegnato diritto, economia politica e scienza delle finanze negli Istituti tecnici commerciali, e per 40 anni ho iniziato l’anno scolastico spiegando ai miei alunni di V ragioneria  che una delle funzioni fondamentali del fisco è la redistribuzione del reddito tra le classi sociali: lo Stato preleva una parte della ricchezza dei ceti più abbienti e la utilizza in favore dei ceti più disagiati mediante trasferimenti di danaro (pensioni sociali, pensioni di invalidità, sussidi di vario genere) e mediante la fornitura di servizi pubblici essenziali (sanità, istruzione, ecc.) in forme gratuite o semigratuite. Punto di fora di questo sistema è l’art. 53 della Costituzione, che recita testualmente: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema  tributario è informato a criteri di progressività”.

Penso si possa perciò  facilmente comprendere la mia grande sofferenza  nel constatare come negli ultimi anni questo sistema sia stato sistematicamente demolito,prima da Berlusconi e poi da Renzi, con progressivo spostamento di reddito dal lavoro al capitale. Questo spostamento, soprattutto sotto forma di sgravi fiscali, si fonda, tra l’altro, sull’erroneo convincimento che il sistema delle imprese, per crescere abbia bisogno di uno Stato sempre più leggero e sempre più lontano dal mercato . Niente di più errato. Le imprese hanno bisogno di ricerca di base, infrastrutture, legalità, formazione del capitale umano, tutte cose che costano molto, ma non producono reddito nei tempi brevi e che perciò solo lo Stato può fornire. Ma se lo Stato non ha risorse come farà a fornirle? Dovrà forse risparmiare le imprese e tartassare  i lavoratori? Ma il vecchio Ford ci ha spiegato circa un secolo fa che se si erode il reddito dei lavoratori si indebolisce la domanda e si va verso la deflazione.

Detto  questo, non posso che gioire nel constatare che  Rossella Muroni, relatrice all’ assemblea programmatica di “Liberi e Uguali” abbia messo al primo posto una riforma del fisco che riscopra l’art. 53 della Costituzione e sia percò più leggero  per i ceti meno abbienti . Ma attenzione! Questo discorso del fisco va fatto in maniera  seria e completa. Per essere credibile non deve indicare soltanto i possibili beneficiari (redditi medio-bassi, studenti universitari), ma anche coloro che  saranno colpiti.

Faccio qualche esempio:

1. Si pensa di fare marcia indietro sulle concessioni fatte ai grandi patrimoni da Berlusconi prima (abolizione per tutti della tassa di successione) e da Renzi poi (abolizione per tutti dell’IMU sulla prima casa)?

2. Si intendono rendere pubblici gli accordi segreti tra governo e multinazionali che godono,  in forza di questi accordi, di sconti fiscali favolosi , e disdirli?

3. Quali misure concrete si intendono adottare per  combattere l’evasione fiscale?

Insomma, il carico fiscale complessivo  non si elimina, ma si sposta da un ceto all’altro. Non esiste nessuna riforma fiscale che vada a vantaggio di tutti. Questo principio va tenuto presente anche per fare una campagna di informazione  sulla flat tax, che rappresenterebbe un danno gravissimo per i lavoratori ed un favoloso regalo al grande capitale. Questo il centrodestra lo sa e perciò è favorevole. Qualcuno lo spieghi anche a Di Maio, che quando è andato in America ha dichiarato di trovare molto interessante la riforma fiscale di Trump.

 

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