di STEFANO CLERICI – Ora che è davvero finita, possiamo ragionare a bocce ferme su questa telenovela andata in onda in diretta per quasi 90 giorni sui teleschermi dell’Italia, dell’Europa e del mondo. Un governo finalmente ce l’abbiamo, ma è fuori di dubbio che questi ultimi tre mesi di storia politica nazionale sono stati un capolavoro della commedia all’italiana, un monumento – fatte alcune eccezioni – all’improvvisazione, all’incoerenza, al doppiogiochismo, e all’infantilismo cronico. La situazione è grave ma non è seria, avrebbe detto Ennio Flaiano.
Ma tant’è. Proviamo a questo punto a dare le pagelle ai protagonisti e ai comprimari di questa pièce teatrale che più d’una volta ha rasentato l’avanspettacolo.
Sergio Mattarella 8.
Avrebbe meritato 10 per la pazienza dimostrata in ogni momento della rappresentazione. Gli togliamo un paio di punti, perché qualche errore tattico, secondo noi, lo ha compiuto. Niente a che vedere con l’attentato alla Costituzione, per carità, ma se siamo arrivati a un passo dal tornare a votare sotto l’ombrellone, qualche responsabilità ce l’ha avuta anche lui: poteva forse fare o non fare qualche mossa oppure farla in tempi diversi.
Carlo Cottarelli 10 e lode.
Chiamato a dar vita a un governo tecnico quando quello politico sembrava essere morto nella culla, ha risposto con una dignità e un senso dello Stato non comuni. E, quando gli hanno chiesto di rinunciare dopo averlo tenuto tre giorni a bagno maria, si è accomiatato con queste nobilissime parole: “È stato un onore lavorare per il Paese, anche se per pochi giorni. La formazione di un governo politico è di gran lunga la migliore soluzione per il Paese anche per l’incertezza che deriverebbe da nuove elezioni. Auguri di cuore al nuovo governo”. Esemplare.
Matteo Salvini 7,5.
Non ha quasi sbagliato un colpo. Scarpe grosse e cervello fino, ha giocato con grande abilità su due tavoli, facendo spesso traballare sia l’uno che l’altro ma sempre ben attento a non rovesciarli. Ha saputo dare fin dall’inizio l’impressione di essere il più generoso di tutti e ha convinto il cavaliere a dargli il via libera per cominciare la trattativa con i Cinque Stelle. Voleva per sé il ministero dell’Interno e l’ha avuto, senza che sia stato mai messo in discussione. Voleva il professor Savona al governo e l’ha avuto, anche se in un altro dicastero, ma la voce del professor Savona è talmente autorevole che avrà, eccome, peso nella squadra.
Luigi Di Maio 5+
Vedendo e ascoltando le sue piroette, i suoi salti mortali, le sue dichiarazioni che dicevano tutto e il contrario di tutto da un’ora all’altra, c’è venuta dal cuore una battuta che si usa dalle sue parti: “ ‘A fessa ‘mmano a ’e creature!”. Quando, poi, la sera del no di Mattarella a Savona ministro dell’economia, vedendo svanire la sua ossessione di dare un governo ai cinquestelle, se n’é uscito con la proposta di mettere sotto accusa il presidente della Repubblica per attentato alla Costituzione, allora ha perso le staffe e abbiamo temuto che non avesse più un problema di inesperienza, ma un serio problema di testa. Inoltre, in tutta la rappresentazione, si è fatto girare e rigirare dal ben più scaltro e spregiudicato Salvini. Il 5, in fin dei conti, è un voto di incoraggiamento. Il + glielo diamo per aver saputo recuperare con Mattarella, convincendolo con la proposta di spostamento di Savona ad altro dicastero.
Matteo Renzi 3
Se tutto il Pd è “non giudicabile”, per non aver preso proprio parte alla partita, il suo ex segretario merita un voto da bocciatura. Quando è stato il momento di scendere in campo, quando ha avuto la possibilità di impedire che Salvini finisse al Viminale e la destra leghista entrasse nella stanza dei bottoni, non ha saputo resistere al suo narcisismo, alla sua filosofia del “muoia Sansone con tutti i Filistei”, alla sua politica del “tanto peggio, tanto meglio” e, nel suo delirio “tafazzista”, ha chiuso la sola possibilità che aveva il suo partito di non condannarsi all’oblio. Complimenti.
Silvio Berlusconi 6
Anche stavolta il cavaliere qualche volta è uscito dalle righe. La sceneggiata di lui che conta con le dita della mano mentre Salvini parla durante le consultazioni o le sue parole sui Cinque Stelle addetti alla pulizia dei cessi, restano divertenti sketch di questa rappresentazione. Ma, a conti fatti, bisogna riconoscere che Berlusconi s’è portato a casa il presidente del Senato, seconda carica dello Stato, e, soprattutto, ha impedito che gli italiani tornassero al voto immediatamente, con il rischio di farsi divorare dalla Lega.
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