ORA DI PUNTA/ Se Giorgia Meloni prendesse esempio dall’insegnamento di padre Max Zanotelli e si ispirasse anche a “Presa diretta” di Riccardo Iacona

di  SERGIO SIMEONE* – Giorgia Meloni – dopo aver abbandonato le sue rodomontate elettorali contro i migranti (fermeremo i barconi con la flotta) perché, disumane ed irrealizzabili, mal si confacevano al nuovo stile fintamente umanitario adottato dopo la “presa” del governo – ha mutato tattica e, con il supporto della Von der Layen, ha intrapreso la strada del dialogo con i vicini della sponda meridionale del Mediterraneo e segnatamente con la Tunisia. In realtà è cambiata la tattica, ma non la sostanza della politica meloniana: le migrazioni vanno solo contenute impedendo il loro arrivo sulle coste italiane. Ed è questa la ragione per cui interlocutore privilegiato è diventato il dittatore tunisino Saied: non solo perché la Tunisia, con la sua crisi economica e politica, è diventata una delle principali fonti di emigrazione, ma anche perché è attraversando il suo territorio che i migranti subsahariani cercano ora di raggiungere l’Italia. Occorre allora trasformare la Tunisia in cane da guardia dell’Europa, come lo è stata la Turchia rispetto alle migrazioni provenienti dal Medio Oriente.

Questa nuova impostazione, come sappiamo, è miseramente fallita e quegli stessi esponenti politici che avevano aspramente criticato i ministri dell’Interno dei precedenti governi per il loro presunto lassismo verso gli sbarchi di migranti (memorabili le intemerate di Salvini contro la Lamorgese ad ogni sbarco di migranti e le continue ossessive richieste di sue dimissioni durante i governo Draghi), una volta giunti al governo, hanno dovuto assistere impotenti all’arrivo nel 2023 di un numero di migranti più che doppio rispetto all’anno precedente.

Intanto, a richiamare il governo ad avere una visione più complessiva dell’Africa e soprattutto ad invitare l’Italia e l’Europa a  riconoscere le proprie responsabilità per i conflitti che affliggono il continente e che sono una delle principali cause del
fenomeno migratorio, è arrivata nel mese di luglio a politici ed organi di informazione una lettera aperta di Alex Zanotelli (nella foto a sinistra il coraggioso ed instancabile padre comboniano, che ben conosce l’Africa e i suoi problemi, espulso dal Sudan per aver denunciato la corruzione di quei politici africani che si appropriano dei contributi internazionali destinati ai loro Paesi) poi direttore di Negrizia e poi ancora missionario in Kenia).

In questa lettera Zanotelli ci ricorda tutti i conflitti che  si svolgono nel continente nero, in Sudan, in Somalia, in Eritrea, Centrafrica, Congo, Niger, Ciad, Malì, Libia.

Questi conflitti sono alimentati dalla vendita delle armi prodotte dai Paesi occidentali. Voi dite di volere aiutare gli africani a casa loro? – dice il combattivo missionario- e allora cominciate a fermare il flusso di armi che dall’Europa arrivano in questi Paesi: non è possibile contemporaneamente lucrare sulla vendita delle armi e poi respingere le popolazioni che fuggono dalle guerre alimentate da questo infame commercio.

Ma, a proposito di “aiutare gli africani a casa loro”, ci ha pensato Riccardo Iacona, con la sua trasmissione “Presa diretta”, (foto a destra) che nell’ultima puntata conteneva un réportage sul Senegal, a dare a questa espressione un significato nuovo. Questa espressione viene comunemente usata , infatti, da chi vuole rifiutare l’accoglienza. Iacona ci dimostra, invece, che proprio accogliendo i migranti li si aiuta a casa loro, perché, grazie alle rimesse dei migranti che sono stati accolti e lavorano in Europa, oggi in quel Paese funzionano ospedali e scuole. A chi scrive questo pezzo il ragionamento di Iacona è apparso particolarmente convincente, perché ricorda che, negli anni cinquanta e sessanta, le campagne della sua provincia, l’Irpinia, terra di emigrazione, si riempivano di tante case rurali nuove costruite proprio grazie alle rimesse degli emigranti  e tante famiglie contadine riuscivano a conquistare condizioni di vita più civili (la corrente elettrica e l’acqua in casa).

Certamente l’accoglienza non basta e non può essere illimitata. Può dare un sollievo temporaneo, in attesa di uno sviluppo vero. Ma questo non va solo declamato, va seriamente preparato, nell’interesse di africani ed europei.  I cambiamenti climatici soprattutto ci pongono ormai di fronte ad una drammatica alternativa: se lasciamo che questi procedano indisturbati la prima a subirne gli effetti sarà l’Africa, ma la spinta ad emigrare in Europa diverrà incontenibile ed ingovernabile. Se invece avremo l’intelligenza di abbandonare l’utilizzo delle energie fossili e di sostituirle con quelle rinnovabili  l’Africa con il suo sole potrebbe divenire una grande risorsa per tutta l’umanità.

*Sergio Simeone, docente di Storia e Filosofia, è stato anche dirigente dl Sindacato Scuola della Cgil

 

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