“La legge è molto chiara. Il figlio di un cittadino statunitense nato all’estero è un natural born citizen, un cittadino americano a tutti gli effetti”. Citando la costituzione degli Stati Uniti, Ted Cruz, candidato alla nomination del Partito Repubblicano, spiegava alla Cbs News che lui ha dunque tutte le qualifiche legali per divenire presidente.
La polemica sulla cittadinanza è venuta a galla nei discorsi di Donald Trump, che ha messo indubbio l’eleggibilità di Cruz perché nato in Canada. Inoltre il padre era cubano, ma la madre era statunitense e ciò basta a renderlo eleggibile alla presidenza degli Stati Uniti. Trump ha già avuto esperienze con la cittadinanza e la legalità dei presidenti. Basti ricordare la polemica suscitata su Barack Obama dopo che questi era già presidente. L’insistenza nel diffondere la diceria che l’attuale inquilino della Casa Bianca fosse nato in Kenya, come ancora crede una fetta dell’elettorato dell’estrema destra, costrinse Obama a divulgare il suo certificato di nascita per mettere fine alle discussioni sull’argomento.
Probabilmente Trump ha dimenticato la questione, ma non appena i sondaggi hanno indicato che Cruz gli sta dando filo da torcere il magnate immobiliare ha deciso di rilanciare il tema della cittadinanza. Il senatore repubblicano dell’Arizona John McCain gli ha dato una mano dichiarando che la questione dell’eleggibilità di Cruz dovrebbe essere esplorata a fondo.
La reazione di Cruz è stata immediata. In un town hall meeting, un incontro con elettori, il senatore del Texas ha detto che McCain di sicuro annuncerà il suo supporto per Marco Rubio date le loro vedute in comune sull’immigrazione. Sarà vero o meno, ma McCain ha una certa credibilità quando parla di cittadinanza e di eleggibilità, data la sua storia personale. McCain è nato nella zona del Canale di Panama quando questo territorio era parte della giurisdizione americana. Inoltre ambedue i genitori erano cittadini americani. Ciononostante, per togliere qualunque dubbio sulla sua eleggibilità come candidato presidenziale nel 2008, il Senato approvò una mozione dichiarandolo natural born citizen, ossia cittadino a tutti gli effetti. Il voto fu unanime e ottenne anche quello di Obama, allora senatore dell’Illinois e rivale di McCain per la presidenza.
Trump ha suggerito che per fare completa chiarezza sulla propria eleggibilità Cruz dovrebbe chiedere ad un tribunale di esaminare la situazione e dargli l’avallo legale. Un voto al Senato potrebbe fare al caso come in quello di McCain, ma Cruz è poco ben visto nella Camera alta specialmente dal presidente Mitch McConnell. Si ricorda che Cruz ha dato del bugiardo a McCain in Senato. Inoltre gli amici dei colleghi di Cruz al Senato si contano sulle dita di una mano.
Nonostante i dubbi sollevati da Trump, Cruz ha titolo per ambire alla presidenza degli Stati Uniti. Anticipando questa situazione, il senatore texano ha rinunciato alla sua cittadinanza canadese nel 2014 per “pulirsi” un po’ della macchia di “straniero”. Inoltre, per cercare di mettere da parte la questione, Cruz ha immediatamente reso pubblici i documenti relativi alla cittadinanza della madre. Carly Fiorina, candidata anche lei alla nomination repubblicana, ha però sollevato dubbi, considerando “strano” che Cruz abbia rinunciato alla cittadinanza canadese poco prima di candidarsi alla presidenza.
Vi saranno sempre dei dubbi su Cruz anche se lui ha vissuto negli Stati Uniti dall’età di quattro anni. L’accusa di ipocrisia, però, diventa chiara quando si considerano le posizioni del senatore texano sul concetto della cittadinanza. Come gli altri candidati repubblicani, Cruz ha supportato il concetto di eliminare la cittadinanza basata sullo ius soli per colpire i figli dei clandestini nati in America. i quali per legge sono natural born citizens e avrebbero titolo per divenire presidente.
Cruz non ha ottenuto la cittadinanza mediante le procedure di naturalizzazione ma è stato eletto al Senato perché considerato eleggibile per la Camera alta. Ciò vuol dire che lui è un natural born citizen a tutti gli effetti. Se ciò non fosse vero, sarebbe stato eletto al Senato illegalmente. Trump non lo ha accusato di questo sapendo benissimo che sarebbe stata una perdita di tempo.
Per la presidenza si tratta di una questione completamente diversa. Da una parte c’è la legalità. Più importante però in una campagna politica sono i dubbi che si possono insinuare sul conto degli avversari per erodere loro il supporto degli elettori. Trump ha detto che un’eventuale vittoria della nomination da parte di Cruz autorizzerebbe l’eventuale candidato democratico a riprendere la questione dell’eleggibilità.
Sembra improbabile che i democratici giocherebbero questa carta. Per Trump, e per gli elettori dell’estrema destra, però, un candidato “straniero” per la presidenza statunitense rientra totalmente nella tematica politica di un’elezione. Lo conferma anche un sondaggio secondo il quale un quarto degli elettori repubblicani considera Cruz cittadino canadese e quindi ineleggibile. A complicare la vita di Cruz alcune denunce sono già state messe in moto. Un avvocato di tendenze democratiche in Texas ha presentato una denuncia formale allegando l’ineleggibilità di Cruz. La denuncia non farà molta strada perché la possibile colpevolezza non causerebbe un danno significativo al querelante. Per uno dei tanti candidati alla nomination repubblicana invece il danno potrebbe essere ingente. Trump?
*Domenico Maceri
docente di lingue all’Allan Hancock College, Santa Maria, California (dmaceri@gmail.com)
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