di DOMENICO MACERI* – “Non si tratta di armi per legittima difesa. Sono armi da guerra. E io non posso immaginare com’è possibile comprarle”. Queste sono parole di Sam Zeif, studente di quarto anno del liceo Douglas di Parkland, Florida, dove 17 persone sono state massacrate da un individuo usando un AR-15, un fucile semiautomatico. Zeif parlava alla Casa Bianca, dove era stato invitato dal presidente Donald Trump in una riunione che includeva un gruppo di ragazzi sopravvissuti, genitori e maestri che avevano legami con le vittime delle stragi di Columbine (1999) e Sandy Hook Elementary School (2012). Una delle vittime del liceo in Florida era il miglior amico di Zeif.
L’incontro alla Casa Bianca doveva dare il segnale che Trump prendeva sul serio la tragedia di Parkland. Il presidente aveva inizialmente suggerito alcune misure per ridurre i pericoli delle armi da fuoco specialmente quando vanno a finire nelle mani di individui con malattie mentali. Il 45esimo presidente aveva anche detto che favoriva controlli di sicurezza sui precedenti personali prima di potere comprare armi da fuoco. Inoltre aveva dichiarato la sua opposizione al “bump-stock”, un meccanismo che converte un fucile semiautomatico in automatico permettendo di sparare da 400 a 800 colpi al minuto. Questo tipo di meccanismo era stato usato nella strage di Las Vegas in ottobre del 2017 dove 58 persone hanno perso la vita. L’individuo arrestato per l’attentato in Florida non ha usato questo meccanismo ma si crede che avesse seri problemi mentali.
Dopo pochi giorni però Trump è ritornato alla sua base auspicando misure che rientrano nella filosofia della National Rifle Association che ha contribuito con 30 milioni di dollari alla sua campagna presidenziale. L’attuale inquilino della Casa Bianca ha dichiarato che i maestri dovrebbero essere addestrati e portare armi da fuoco a scuola per potere proteggere i loro studenti in caso di situazioni di pericolo. Trump ha spiegato che se l’allenatore di football morto al liceo Douglas di Parkland mentre difendeva i suoi studenti fosse stato armato avrebbe potuto evitare la tragedia. Esattamente come ha detto spesso la Nra (National Rifle Association) che per fermare un malintenzionato armato ce ne vuole uno buono anche lui armato. Le scuole sono per Trump e la Nra facili bersagli per la mancanza di personale armato che fermi questi individui scapestrati che vogliono sparare e uccidere.
Ma queste prese di posizione sono smentite dai fatti. Nella scuola di Parkland c’era una guardia armata che però è rimasta appartata per 4 dei 6 minuti della sparatoria. Non si conoscono tutti i dettagli ma potrebbe darsi che la guardia abbia avuto paura di dovere affrontare un individuo armato con fucile mitragliatore. Credere che addestrare maestri armandoli per sparare contro potenziali assalitori armati fino ai denti è illusorio. In situazioni di stress solo il 18 percento delle pallottole sparate dai poliziotti riescono a centrare il bersaglio. Farebbe meglio un insegnante?
Dopo ogni strage del genere i politici non vogliono offrire soluzioni concentrandosi invece sulle preghiere e i sentimenti di cordoglio per le famiglie. Una buona maniera per guadagnare tempo e poi riprendere la vita normale come se nulla fosse accaduto. Questa volta però gli studenti si sono organizzati combattendo questa strategia. Si sono mobilitati con manifestazioni riprese dai media locali e nazionali. Più di 200 sopravvissuti a Parkland si sono recati alla sede della legislatura di Tallahassee, capitale della Florida, forzando un voto sulle armi da fuoco. La legislatura, dominata dai repubblicani, ha sfortunatamente votato contro (71-36) approvando però una risoluzione sui pericoli della pornografia. Gli studenti tuttavia non si arrendono. A livello nazionale studenti in diverse parti degli Stati Uniti si sono mobilitati chiedendo incontri con politici per bandire fucili semi-automatici. Si aspettano scioperi degli studenti in tutto il Paese il 14 marzo con una marcia programmata a Washington 10 giorni dopo.
Tutte queste attività e l’attenzione dei media sulla questione hanno ovviamente attirato la reazione della Nra e dei suoi sostenitori ritornando alle solite strategie come difensori del secondo emendamento, che sancisce il diritto del possesso armi. Il problema però è la definizione di armi. Quando il secondo emendamento fu scritto armi voleva dire un moschetto che sparava una pallottola. Adesso le armi sono molto più pericolose e il governo ha tutto il diritto di limitare l’uso ed i luoghi in cui sono legali. Non si viola dunque il secondo emendamento quando si proibiscono le armi negli aeroporti, nel Congresso, nei tribunali ed altri luoghi. Né esiste la completa libertà di ottenere carri armati o mitragliatrici che sono strettamente di uso militare. Persino Antonin Scalia, giudice conservatore della Corte Suprema, aveva scritto che il diritto del possesso di armi ha i suoi limiti.
Nei più recenti commenti Trump ha abbracciato la Nra definendo i suoi membri “grandi patrioti” e intendendo che i loro avversari non lo sono. Wayne LaPierre, leader della Nra, ha continuato in un discorso attaccando i suoi detrattori etichettandoli come “socialisti stile europeo” che “odiano la libertà individuale e il secondo emendamento”. In realtà coloro che si oppongono alla facile disponibilità di armi da fuoco vogliono per l’America un livello di uso delle armi come quello che c’è in Europa ed in altri Paesi, dove è molto più difficile ottenere l’autorizzazione al possesso di armi da fuoco.
*Domenico Maceri è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California (dmaceri@gmail.com)
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