Diverse autorità elettorali americane statali e locali hanno affermato in un comunicato congiunto di non aver trovato, ad oltre una settimana dalle elezioni presidenziali Usa, “alcuna prova” di schede perse o modificate o di sistemi di voto violati. “L’elezione del 3 novembre è stata la più sicura della storia degli Stati Uniti”, garantiscono le autorità, contraddicendo le accuse di elezioni fraudolente da parte di Donald Trump e del suo entourage.
I difficili equilibri che Biden dovrà governare anche nel suo partito
di DOMENICO MACERI* – “Io sono quello che ha corso contro i socialisti. Io sono il moderato”. Così Joe Biden, un mese prima delle elezioni, in un’intervista in cui contestava l’insinuazione che lui, in caso di vittoria, si lascerebbe influenzare e persino dominare dall’ala sinistra del Partito Democratico in caso di vittoria. Adesso, da presidente eletto, Biden avrà il duro compito di unificare il Paese e di ricucire le divisioni create da Donald Trump. Dovrà inoltre mantenere unito il suo partito, che aveva fatto quadrato sotto la sua guida prima delle elezioni, ma nel quale adesso già cominciano ad emergere alcune differenziazioni.
Le elezioni del 3 novembre, oltre ad aver sancito la conquista della Casa Bianca al candidato democratico, ha riconfermato la maggioranza della Camera al Partito Democratico, anche se assottigliata di alcuni seggi. Ora bisogna vedere se il partito di Biden riuscirà a conquistare la maggioranza anche al Senato, cosa improbabile anche se non impossibile. Ci vorrebbe la vittoria nei due seggi nella Georgia che sono andati a finire al ballottaggio.
Questa elezione preoccupa anche Mitch McConnell, repubblicano del Kentucky e presidente del Senato, il quale fino ad oggi si è allineato a Trump nel non aver riconosciuto ancora la vittoria di Biden. Ma vuole evitare una sconfitta repubblicana che gli farebbe perdere la presidenza nella Camera Alta.
Nonostante che le contese elettorali non siano completamente finite, però, alcuni dissensi tra i democratici hanno iniziato a fare capolino. In una conferenza nazionale via telefono durata tre ore, le due ali del Partito Democratico hanno espresso le loro differenze in toni abbastanza accesi. L’ala moderata ha sostenuto che la vittoria di Biden, che è un moderato, è stata resa possibile grazie al centrismo del candidato, che ha beneficiato di questa sua qualità negli Stati del Midwest.
Rahm Emanuel, capo di gabinetto durante l’amministrazione di Barack Obama ed ex sindaco di Chicago, è stato uno dei più accesi sostenitori di questa tesi. Secondo Emanuel ci voleva un moderato per conquistare il voto degli elettori indipendenti che sarebbero stati spaventati dalla retorica di sinistra e avrebbero scelto Trump. La assottigliata maggioranza alla Camera in comparazione all’elezione di midterm di due anni fa è stata spiegata anche con i cosiddetti eccessi di “retorica socialista”, che avrebbero fatto perdere la rielezione ad alcuni parlamentari in zone in bilico.
Conor Lamb, moderato della Pennsylvania, che è riuscito con difficoltà a conquistare un altro mandato, si è unito a Emanuel nel sostenere che il risultato elettorale alla Camera dovrebbe essere inteso come un campanello d’allarme per le tendenze troppo liberal del suo partito.
L’ala sinistra si è difesa facendo notare che tutti i candidati democratici di sinistra, specialmente la nota “squad”, ossia Ilham Omar (Minnesota) Alexandria Ocasio-Cortez (New York), Rashida Tlaib (Michigan) e Aryanna Pressley (Massachusetts) sono stati rieletti nonostante i feroci attacchi della destra.
La moderazione di Biden non è stata però sufficiente per avere la meglio negli Stati critici di Ohio e Florida. Nel Sunshine State, infatti, nonostante la vittoria di Trump, gli elettori hanno approvato l’aumento del salario minino a 15 dollari l’ora, uno dei cavalli di battaglia dei “socialisti” del Partito Democratico.
Durante le prime contese delle primarie democratiche Biden sembrava essere stato rifiutato dal Partito Democratico, ma poi in South Carolina è rinato con una vittoria schiacciante. Poco tempo dopo con vittorie in altri Stati i suoi avversari hanno gettato la spugna e si sono schierati tutti nel suo campo, essendosi resi conto che ci voleva qualcuno in grado di sconfiggere Trump. Dunque il 45esimo presidente è riuscito, senza volere, a compattare i democratici. Bernie Sanders (nella foto con Biden), uno dei candidati che avevano dato filo da torcere a Biden per la nomination, senza provare rancore, ha lavorato duro per farlo eleggere. Inoltre, Sanders aveva avvertito la “squad” che il primo ordine del giorno dei progressisti era lavorare sodo per sconfiggere l’attuale inquilino della Casa Bianca. Difatti, la collaborazione dell’ala sinistra ha contribuito notevolmente alla vittoria di Biden. Il quale ha ovviamente radici nell’ala moderata del Partito Democratico. Alcuni analisti hanno rilevato che la sua vittoria rappresenta un terzo mandato per Obama considerando la comunanza di vedute fra i due.
Questo è vero, ma solo in parte. Il Partito Democratico e il Paese non sono quelli del 2008 o del 2012, anni in cui Obama fu eletto e rieletto per il secondo mandato. Bisogna ricordare i contributi di Sanders negli ultimi 10 anni per mettere in primo piano programmi progressisti e la visibilità offerta all’ala sinistra del Partito da individui come Ocasio-Cortez. La parlamentare di New York si sta rivelando non solo ottima candidata ma anche la nuova voce dell’ala sinistra. Si sta esibendo anche da saggia politica. Commentando la squadra che Biden sta organizzando per governare il Paese, Ocasio-Cortez ha dichiarato che “non invidia la squadra di Biden. Si tratta di un delicato equilibrio…importante perché manderà un messaggio molto, molto potente sulle intenzioni del modo di governare”.
Non sarà facile per Biden formare una squadra per affrontare tutti i problemi che Trump gli lascerà. A cominciare dal fatto che il 45° presidente non ha ancora deciso di accettare il risultato elettorale, insistendo, senza ragioni, sulla frode elettorale. Biden però ha già dato segnali di prepararsi a governare mettendo in piedi una task force di luminari scientifici e medici che lo consiglieranno sulla pandemia del Covid-19. Biden ha anche promesso che la sua squadra di governo includerà una grande diversità per quanto riguarda la razza, il genere, e l’orientamento sessuale. Il neoeletto presidente dovrà anche tenere conto del fatto che con ogni probabilità McConnell controllerà il Senato, cui compete confermare le sue nomine.
*Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California (dmaceri@hotmail.com).
Commenta per primo