di DOMENICO MACERI* – “È triste che il sindaco Pete e Amy non abbiano aspettato 24 ore” per lasciare la corsa presidenziale. Così Michael Moore, il noto regista e produttore con forti tendenze a sinistra e grande sostenitore di Bernie Sanders, ha commentato l’abbandono della campagna presidenziale di Pete Buttigieg, ex sindaco di South Bend, Indiana, e Amy Klobuchar, senatrice del Minnesota. Secondo Moore, i due hanno danneggiato Sanders gettando la spugna due giorni dopo la conclusione delle primarie in South Carolina, alla vigilia del Super Tuesday, nel quale 14 Stati americani hanno tenuto le loro primarie democratiche. L’uscita di scena di questi due avversari di Biden, anche loro centristi, ha favorito l’ex vice presidente nel ribaltare la situazione, riconquistandosi il ruolo di front-runner (capolista)dei democratici, che apparteneva a Sanders. Moore crede, con una certa convinzione, che se Buttigieg e Klobuchar si fossero ritirati dopo il Super Tuesday, Sanders avrebbe potuto fare molto meglio.
I risultati però ci chiariscono che con la sua vittoria schiacciante in South Carolina e quelle in 10 dei 14 Stati del Super Tuesday, Biden ha fatto rinascere la sua corsa alla Casa Bianca. Ad aiutare le prospettive future di Biden va aggiunta anche l’uscita di scena del miliardario Michael Bloomberg, ance lui centrista e diretto concorrente dell’ex vicepresidente. Buttigieg, Klobuchar e Bloomberg hanno offerto a Biden il loro endorsement. Due giorni dopo il Super Tuesday anche la senatrice Elizabeth Warren, concorrente diretta di Sanders per l’ala progressista del partito, ha sospeso la sua campagna ma non si ancora chi fra Biden e Sanders riceverà il suo endorsement.
La “rinascita” di Biden è dovuta in grande misura al notevole supporto degli elettori afro-americani in South Carolina i quali hanno riconosciuto il suo ruolo “fraterno” verso Barack Obama, vedendolo come l’erede naturale del primo presidente afro-americano.
Sanders (foto a lato) aveva ottenuto molto successo nelle iniziali 2 primarie tenutesi in Iowa e New Hampshire, dove l’elettorato includeva pochissimi afro-americani. Nella terza primaria in Nevada il senatore democratico socialista del Vermont aveva anche ottenuto una vittoria schiacciante, ricevendo il supporto del notevole gruppo di latinos. Si ipotizzava che lo slancio di queste vittorie lo avrebbe spinto verso un analogo successo in South Carolina, come suggerivano alcuni sondaggi. Alla fine però il Palmetto State ha sorriso a Biden, soprattutto per la fedeltà degli afro-americani che rappresentano il 57 percento dell’elettorato in quello stato.
Questo consenso a Biden (foto a destra) era stato già anticipato dall’endorsement ricevuto da Jim Clyburn, parlamentare del South Carolina, e leader democratico alla Camera. Gli analisti hanno rilevato che, nonostante alcune macchie del record di Biden per quanto riguarda alcune leggi da lui supportate da senatore, che hanno danneggiato gli afro-americani, gli elettori hanno fatto una scelta pratica. Sanders rappresenta un “rischio”, mentre Biden è visto coma la scelta moderata con le maggiori probabilità di sconfiggere Donald Trump a novembre.
La conferma è arrivata dallo stesso inquilino della Casa Bianca, che, come si sa, aveva cercato di ottenere informazioni negative su Biden dall’Ucraina, scatenando le indagini della Camera, a conclusione delle quali si è arrivati alla procedura di impeachment. D’altronde, che Trump sia preoccupato da Biden ce lo rivela anche il suo atteggiamento verso Sanders. Il 45esimo presidente ha inviato parecchi tweet in cui ci dice che l’establishment del Partito Democratico ha mostrato ovvie preferenze per Hillary Clinton nel 2016 e adesso anche per Biden. A Trump poco interessano le sorti di Sanders ma tutto ci fa capire che lo vede come un avversario più facile da sconfiggere.
La partita non è ancora chiusa, ovviamente. Se Biden ha vinto in 10 degli Stati del Super Tuesday, Sanders è riuscito a spuntarla in Colorado, Utah, Vermont, e anche in California, lo Stato più popoloso e anche più liberal. A conclusione di questi risultati Sanders avrebbe accumulato un totale di 550 delegati, 76 meno di Biden. Quindi il senatore del Vermont continua ad avere la strada aperta per tentare di raggiugnere la fatidica “quota 2376”. Nel caso in cui nessuno dei due dovesse raggiungere questa cifra dopo la prima votazione alla Convention, i 764 superdelegati, leader del Partito Democratico, potrebbero essere decisivi. Questi potrebbero favorire Biden, il candidato centrista, anche per il fatto che Sanders, democratico adesso, ma soricamente indipendente, ha criticato aspramente le regole, presentandosi come nemico dell’establishment.
Ciò che dovrebbe preoccupare di più Sanders però è il debolissimo supporto degli elettori afro-americani, specialmente negli Stati del Sud. Ma la vittoria di Biden nel Super Tuesday gli dovrebbe anche causare ulteriori grattacapi. Se Sanders ha vinto in California, Stato liberal, ha però perso nel Massachusetts, altro Stato liberal, che ha assegnato solo il terzo posto alla senatrice Elizabeth Warren, un risultato che le avrà provocato una delusione non lieve. Biden ha anche vinto in Stati del Midwest, dove il numero di afro-americani è basso, ottenendo dunque un successo trasversale.
Il successo di Biden autorizza ad ipotizzare che gli elettori abbiano optato per un candidato con le migliori chance di sconfiggere Trump, tenendosi lontani dal proposito dai cambi drastici proposti da Sanders e alla sua “rivoluzione socialista”.
Sceglieranno alla fine gli elettori democratici un altro centrista come hanno fatto nel 2016? La strada da percorrere è ancora lunga ma al momento tutto sembra suggerire che Biden offra più certezze per una riconquista della Casa Bianca da parte dei democratici. Una prospettiva che riportererebbe a un governo poco differente da quello di Obama, anche se non bisogna sottovalutare l’influenza della svolta a sinistra del Partito Democratico e anche del Paese, dovuta in grande misura a Sanders. Alla fine, però, la sfida per i democratici sarà di unirsi per tentare di raggiungere una vittoria finale. E un finale di campagna di dure primarie, promesso da Sanders, potrebbe ferire Biden e alla fine fare sorridere Trump.
*Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California (dmaceri@gmail.com).
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