“Le donne di colore, quelle con basso reddito, e le vittime di abusi soffriranno di più”. Così si è espressa la senatrice Elizabeth Warren, democratica del Massachusetts, commentando la revoca della sentenza Roe Vs. Wade che per 49 aveva garantito il diritto all’aborto al livello nazionale. Adesso i 50 Stati potranno decidere come vogliono e si stima che in almeno 26 il diritto all’aborto verrà eliminato e in alcuni persino in caso di incesto o stupro.
La Warren ha ragione ma non completamente. Tutte le donne, anche quelle benestanti e persino gli uomini, ne faranno le spese per diverse ragioni. Una donna con risorse economiche residente di uno Stato dove l’aborto non sarà disponibile potrà spostarsi in un altro Stato o persino all’estero e ottenere la procedura necessaria. Tre giorni dopo l’annuncio della sentenza della Corte Suprema una bambina di 10 anni, stuprata, incinta, è stata portata in Indiana perché l’Ohio, dove lei risiedeva, aveva già abolito l’aborto. Anche l’Indiana lo abolirà non appena la legislatura si riunirà fra alcune settimane.
Una donna senza risorse non potrà permettersi di fare altrettanto. Ma la procedura dell’aborto non si può sempre programmare. Ci sono dei casi di emergenza che richiedono interventi immediati. Si calcola che una su cinquanta gravidanze negli Usa consiste in gravidanze ectopiche che avvengono fuori dell’utero. Devono essere rimosse tempestivamente perché possono causare sepsi, ossia emorragie interne potenzialmente fatali per la donna.
In questi casi le cure devono avvenire localmente e ciò presenta seri problemi negli Stati dove l’aborto non è legale. A complicare la situazione vanno aggiunte le differenti leggi statali, che costringono i medici e il personale sanitario ad agire con cautela. Devono interpretare se le procedure necessarie siano legali o no. In Arizona una nuova legge conferirebbe al feto i diritti di essere umano. Un aborto spontaneo potrebbe essere interpretato come omicidio. Assistere una donna in queste situazioni con leggi inconsistenti e poco chiare costringerà il personale sanitario a serie considerazioni. Prenderanno decisioni basate anche sulla protezione delle loro licenze poiché potrebbero incorrere in seri problemi legali. Le risorse economiche non eliminerebbero i problemi di quelle donne che avranno bisogno di questo tipo di cure.
La decisione della Corte Suprema ha creato incertezze e preoccupazioni anche per le cliniche che forniscono questi servizi alle donne. Già si parla in alcuni Stati di impedire a donne incinte di viaggiare sospettando che potrebbe trattarsi di tentativi all’aborto. Alcuni Stati hanno già dichiarato illegali le pillole abortive che di questi giorni rappresentano il 50 per cento di interruzioni alle gravidanze. Queste pillole sono sicure ed efficaci ma a volte ci sono complicazioni che richiedono assistenza medica. Il semplice fatto di usare questo tipo di medicine potrebbe portare alla incriminazione della donna poiché in alcuni Stati il feto viene riconosciuto come essere vivente. Qualunque interruzione di gravidanza potrebbe essere interpretata come omicidio. Le visite mediche telematiche stanno divenendo sospette per le legislature dei “red states”, gli Stati che vietano l’aborto. Persino mandare farmaci abortivi con la posta sta diventando sospetto. In sintesi la mancanza di leggi nazionali e la miriade di leggi Statali causano confusione e stress alle donne ma anche ai loro mariti e partner senza riguardo di risorse economiche.
La revoca del diritto all’aborto riporta la donna indietro di cinquant’anni poiché non può controllare il suo corpo con procedure mediche. Nell’audizione per la conferma del giudice Brett Kavanaugh, nominato da Donald Trump nel 2018 alla Corte Suprema per sostituire Anthony Kennedy, Kamala Harris, attuale vicepresidente, ma a quei tempi senatrice della California, gli chiese se esistessero leggi che si applicassero solo al corpo degli uomini. Kavanaugh tentennò ma alla fine ammise che la risposta era negativa. Il corpo delle donne però può essere controllato legalmente dal governo, convertendo tutte le donne a cittadini di serie “B”.
Le donne rappresentano il 50% della popolazione. La Corte Suprema con la sua revoca del diritto all’aborto ha però colpito anche tutte le donne nel resto del mondo. Il Parlamento europeo a Strasburgo ha reagito recentemente approvando una risoluzione legislativa (324 sì, 155 no) secondo cui il diritto all’aborto sarebbe aggiunto nella Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea. L’America, con tre dei 6 giudici conservatori nominati da Donald Trump, ha guardato indietro. Se in un Paese ricco e democratico come l’America la donna viene classificata come cittadino senza pieni diritti c’è poca speranza per quelle in Paesi sottosviluppati. La situazione diventa ancora più grave perché altri passi indietro si profilano all’orizzonte. I contraccettivi e i diritti dei matrimoni gay potrebbero essere presi di mira poiché il giudice Clarence Thomas li ha descritti come sentenze “stabilite erroneamente”, linguaggio simile a quello usato per la revoca del diritto all’aborto. Ciò non basta però ai repubblicani. Non contenti di avere ottenuto praticamente l’eliminazione dell’aborto nei differenti Stati i repubblicani intendono ampliarlo a tutto il Paese. Ecco quello che ha detto l’ex vicepresidente Mike Pence al quale si è aggiunta la voce di Mitch McConnell, senatore del Kentucky e leader dei repubblicani al Senato.
Questi assalti ai diritti delle donne sminuiscono anche quelli degli uomini, poiché tutti siamo in un modo o nell’altro legati. Le donne sono le nostre madri, sorelle, zie, nonne eccetera. Togliendo loro diritti basici di esseri umani anche i maschi perdono. La soluzione l’ha additata il presidente Joe Biden: votare votare, votare. Le donne rappresentano il 50 per cento della popolazione ma nelle elezioni di midterm il flusso alle urne è relativamente basso. Sarà diverso questa volta? Un sondaggio dell’agenzia Gallup ci informa che l’entusiasmo degli elettori democratici di recarsi alle urne a novembre è aumentato. Sarà sufficiente per mantenere la maggioranza democratica alla Camera e ampliare quella al Senato per proteggere il diritto all’aborto con nuove leggi?
*Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della National Association of Hispanic Publications.
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