di DOMENICO MACERI* – L’assoluzione di Donald Trump dal Senato americano nel caso dell’impeachment è stata utile perché “ha messo in luce coloro che bisognava licenziare”. Così si è espresso Donald Trump – non il presidente, ma il suo figlio maggiore – per cercare di spiegare i motivi per i quali il padre ha licenziato alcune persone. Donald Jr. è incaricato di gestire l’azienda del padre ma spesso commenta situazioni politiche per supportare il padre, ma si sospetta che si stia preparando anche lui a un futuro ingresso in politica.
Trump, dopo la sua “vittoria” in Senato, grazie ai repubblicani che hanno votato compatti per assolverlo dall’impeachment approvato in precedenza dalla Camera, ha iniziato la sua “purga” colpendo quelli che secondo lui lo avevano tradito. In particolare si è concentrato su parecchi personaggi vicini a lui che hanno testimoniato nelle inchieste dirette da alcune commissioni alla Camera, confermando il qui pro quo nella conversazione con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky che ha scatenato l’inchiesta che ha portato al voto di impeachment alla Camera.
Il colonnello Alexander Vindman, funzionario del Consiglio di Sicurezza alla Casa Bianca, aveva testimoniato contraddicendo il suo capo, il quale lo ha bollato di traditore. Trump lo aveva attaccato accusandolo di mentire. C’è solo un piccolo problema. Vindman ha testimoniato sotto giuramento contro il suo capo, dimostrando una fortissima dose di coraggio, mentre Trump “testimonia” con i suoi tweet senza dare prove per le sue accuse. Pochi giorni dopo l’assoluzione del Senato, Trump ha licenziato Vindman ma anche il fratello Yevgeny, anche lui in servizio alla Casa Bianca. Il fratello non aveva testimoniato, ma la parentela lo avrà reso sospetto al 45esimo presidente.
Un altro “traditore” per Trump è stato Gordon Sondland, il quale, per avere contribuito un milione di dollari alla Commissione di insediamento di Trump, era stato “ricompensato” con la nomina di ambasciatore all’Unione Europea. Sondland aveva anche lui testimoniato alla Camera confermando il qui pro quo fra Trump e Zelensky e, esattamente come Vindman, è stato licenziato dall’attuale inquilino della Casa Bianca.
Trump continua a dimostrare che il talento e le capacità professionali dei suoi collaboratori importano poco, optando invece per l’estrema fedeltà di chi gli sta intorno. Vuole assolutamente scegliere i suoi collaboratori senza nessun paletto e ha dimostrato estremi sospetti sul cosiddetto “deep state”, cioè a dire i funzionari di carriera nel governo che fanno il loro lavoro in maniera indipendente a prescindere di chi sia il presidente. Cinquanta funzionari del Consiglio di Sicurezza sono stati trasferiti in altri dipartimenti, allontanandoli dalla cerchia di quelli che possono sentire e “spiare” l’inquilino della Casa Bianca.
Trump continua a dimostrare sempre meno fiducia ed ha infatti dichiarato in un’intervista che in futuro ridurrà il personale che ascolta le sue conversazioni con leader di altre nazioni per evitare il guaio che gli è successo con Zelensky. Non capisce però che la conoscenza di quello che lui discute non è solo una sua necessità ma riguarda gli interessi nazionali e quindi deve fare uso degli esperti e prendere in considerazione i loro consigli. Mantenendo sempre più segreti Trump ammette di voler operare senza essere osservato ed eventualmente giudicato. Si tratta di una grande insicurezza riflessa anche nel suo forte bisogno di ampliare il suo potere per punire e ricompensare i suoi più fedeli collaboratori. In questa direzione il Dipartimento di Giustizia gli sta servendo per spingere i tribunali a scagionare o andare leggero su individui come Roger Stone, suo ex collaboratore. Va ricordato che Stone era stato condannato da un tribunale, ma proprio in questi giorni quattro dei procuratori che si sono occupati del caso si sono dimessi per la direttiva di Bill Barr, Procuratore Generale, di modificare la richiesta di pena per Stone considerandola eccessiva. Una richiesta mai udita. La mossa di Barr, grande servitore di Trump ma non altrettanto della Costituzione americana, ha scatenato una ribellione fra ex funzionari della giustizia, duemila dei quali hanno chiesto le dimissioni di Barr. Inoltre la Federal Judge Association, gruppo indipendente di giudici, ha annunciato una riunione di emergenza per discutere gli interventi e le pressioni irregolari di Trump sui processi in corso.
Trump però sembra ignorare questi tentativi di paletti che dovrebbero porre limiti ai suoi poteri esecutivi. Dopo l’assoluzione al Senato sta dando l’impressione di avere potere assoluto. Sta esagerando poiché sembra che anche Barr non ne possa più. Il procuratore generale in un’intervista ha dichiarato che tutti questi tweet sul suo ministero gli rendono la vita difficile e non può svolgere i suoi compiti. Si riferiva a Trump anche senza nominarlo. Da parte sua l’inquilino della Casa Bianca ha dichiarato che non intende fermarsi e vuole anche che il Dipartimento di Giustizia apra un’inchiesta su James Comey e la Fbi per ritornare sul Russiagate, cercando di riscrivere la storia in forma a lui favorevole. Trump non ha mai digerito l’accusa di avere vinto le elezioni con l’aiuto dei russi, come ci ha spiegato il rapporto di Robert Mueller, che il presidente vorrebbe anche sia investigato.
Alcuni analisti hanno rilevato che l’insoddisfazione di Barr verso Trump non sia altro che una sceneggiata per dare l’illusione dell’indipendenza della giustizia dal potere esecutivo. Può darsi. Ma nel frattempo Trump continua a mandare segnali per far intendere che i suoi poteri sono immensi, senza limiti. In una recente intervista ha infatti dichiarato di essere “l’ufficiale numero uno nell’applicazione della legge”, titolo che spetta infatti al procuratore generale Barr. Per reiterarlo, l’inquilino della Casa Bianca ha recentemente concesso la grazia a una dozzina di criminali, alcuni notissimi, altri meno, quasi tutti condannati per frode e corruzione. Il messaggio di Trump sembra essere quello di mostrare riconoscenza per la fedeltà che lui riconoscerà grazie ai suoi poteri, ampliati dall’assoluzione al Senato. Trump non è il solo ad essere al di sopra della legge. I suoi amici lo saranno anche loro, mentre chi intende opporsi possono aspettarsi solo “mazzate”.
*Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California (dmaceri@gmail.com).
Commenta per primo