di DOMENICO MACERI* – “I “dreamers” continuano ad essere in prima linea nella lotta contro la pandemia come operatori sanitari nelle nostre comunità, contribuendo in vari campi e industrie per fare ripartire l’America con grande vigore dopo la fine del Covid-19”. Questa la dichiarazione fatta da Tim Cook, amministratore delegato di Apple, mentre esprimeva il suo supporto per i “dreamers”. Si tratta di individui portati in America da bambini dai loro genitori senza documenti, cresciuti negli Usa e a tutti gli effetti americani eccetto per i documenti legali. Cook aveva espresso la lode dei “dreamers”, appoggiando il nuovo disegno di legge approvato dalla Camera. La manovra aprirebbe loro le porte a uno status permanente e un percorso alla cittadinanza americana. Anche Jeff Bezos, l’amministratore delegato di Amazon, ha dimostrato il suo supporto, come pure il Business Roundtable, un gruppo influente di leader di corporation americane.
Cook faceva riferimento all’American Dream and Promise Act, approvato recentemente dalla Camera (228 sì, 197 no), con voti principalmente democratici ma in effetti lievemente bipartisan poiché anche 9 parlamentari repubblicani hanno votato a favore. Il disegno di legge potrebbe beneficiare 2,5 milioni di giovani “dreamers”, i quali potrebbero ricevere il cartellino verde di residenza legale e dopo un periodo di 10 anni anche la cittadinanza americana. I requisiti includono avere frequentato l’università o avere servito nelle forze armate per due anni, o avere lavorato negli Usa per un periodo di tre anni. Anche i 300mila individui con Temporary Status in America per ragioni umanitarie sono inclusi, secondo il disegno di legge. Questi potrebbero automaticamente fare domanda per residenza permanente purché abbiano vissuto per tre anni in America.
I “dreamers” sono visti di buon occhio dalla stragrande maggioranza degli americani. Secondo il Pew Research Center, il 74 percento degli americani è favorevole a una legge che conceda loro residenza legale. Questi numeri includono persino il 54% degli elettori repubblicani. In effetti, se si possono incolpare i genitori per essere entrati senza documenti legali in America, i loro figli rimangono innocenti. Vengono accettati come residenti permanenti e parte della famiglia americana poiché la loro deportazione ai Paesi dei loro genitori che non conoscono affatto o pochissimo sarebbe crudele.
Al di là della questione morale esiste anche quella pratica. Questi “dreamers” sono giovani e contribuiscono notevolmente all’economia americana. Cook lo ha anche riconosciuto citando il fatto che 450 di loro stanno lavorando attualmente a Apple con il permesso temporaneo offerto loro da Barack Obama mediante il DACA (Deferred Action for Childhood Arrivals) del 2012. L’ordine esecutivo del 44esimo presidente è stato attaccato da Donald Trump ed i repubblicani ma la Corte Suprema ha impedito loro di abrogarlo.
Nonostante la popolarità dei “dreamers”, visti come americani dalla maggioranza, il secondo passo dell’approvazione della nuova legge rimane in salita al Senato dove sono necessari 60 voti. In effetti, una minoranza di senatori potrebbe bloccare il tutto. Le prime reazioni ci indirizzano in quella direzione. Parecchi legislatori del Grand Old Party hanno già dichiarato che bisogna prima chiudere la frontiera col Messico, preoccupati dall’aumento di nuovi migranti che continuano ad arrivare. Il parlamentare Dan Bishop della North Carolina è ritornato al tipico linguaggio di Trump che la nuova legge aprirebbe la porta “ai criminali” che cercano “amnistia e benefici governativi”. Anche Kevin McCarthy, leader repubblicano alla Camera, ha sottolineato la situazione al confine col Messico mediante la sua visita descrivendola “una crisi”, dimenticando che esisteva anche con l’ex presidente del suo partito. Anche il leader della minoranza al Senato, il senatore repubblicano del Kentucky Mitch McConnell, ha dichiarato la sua opposizione, preoccupato anche lui dei peggioramenti al confine col Messico.
L’opposizione repubblicana alla nuova legge sui “dreamers” potrebbe però rivelarsi un’opportunità per l’eliminazione del filibuster al Senato, riducendo l’approvazione delle leggi a una semplice maggioranza. L’ala progressista del Partito Democratico ha giustamente sostenuto che il filibuster è anti-democratico ed è abusato dai repubblicani per congelare le leggi approvate dalla Camera. Ciononostante, due senatori conservatori del Partito Democratico, Kyrsten Sinema (Arizona) e Joe Manchin (West Virginia) sono contrari all’eliminazione del filibuster. Manchin ha recentemente dichiarato qualche apertura alla riduzione del filibuster. La probabile intransigenza dei repubblicani sulla questione dei “dreamers” potrebbe essere la goccia che farà traboccare il vaso e convincere Manchin e Sinema che sia arrivata l’ora di cambiare il sistema, eliminando il filibuster.
Ci sarà forte pressione al Senato su Sinema e Manchin per trovare dieci senatori repubblicani disposi ad approvare la regolarizzazione dei “dreamers” supportata dai democratici e dagli americani. Fino ad ora i senatori repubblicani non hanno ostacolato in maniera ferrea le nomine di Biden per la sua amministrazione. In parte non hanno i numeri data l’esigua maggioranza democratica nella Camera Alta. Se i democratici elimineranno il filibuster avranno quasi due anni per legiferare come vogliono poiché controllano le due Camere e la Casa Bianca. Le elezioni di mid-term nel 2022, con la possibile perdita della maggioranza in una delle due Camere, costringe i democratici ad agire in maniera tempestiva. Il pacchetto di stimolo di 1900 miliardi di dollari, approvato recentemente solo con voti democratici, è popolare presso la maggioranza degli americani. Altre leggi popolari e importantissime potrebbero andare in porto con l’eliminazione del filibuster specialmente quella sulla riforma elettorale approvata dalla Camera recentemente. Alla fine, i “dreamers”, con o senza il supporto repubblicano, otterranno la loro sicurezza di vivere e contribuire nell’unico Paese che loro conoscono. Se i repubblicani dicono di no usando il filibuster, i “dreamers” potrebbero essere l’occasione per la sua eliminazione non solo per i loro diritti ma anche per la democrazia.
*Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California (dmaceri@hotmail.com).
Commenta per primo