di DOMENICO MACERI* – “Non credo che l’aumento delle tasse sia la risposta”. Secca la reazione di Kevin McCarthy, parlamentare della California e speaker della Camera, alla proposta di bilancio del presidente Joe Biden. Qualsiasi aumento alle tasse riceve la solita risposta repubblicana che vede qualunque aumento fiscale come peccato mortale. La proposta di Biden non è esclusiva sull’aumento delle tasse ma quella parte della proposta ha le più basse possibilità di essere approvata. Molti altri aspetti avranno probabilmente la stessa fine poiché McCarthy non ha nessuna intenzione di agevolare l’agenda del presidente. In fin dei conti, tutti sanno che la proposta di bilancio del presidente consiste in una dichiarazione dei suoi valori senza dimenticare le prospettive dell’elezione presidenziale del 2024.
La proposta consiste in un documento di 182 pagine e, secondo la Casa Bianca, ridurrebbe il deficit di 3 mila miliardi di dollari nei prossimi 10 anni. Le priorità di Biden sono già note e includono una redistribuzione delle risorse governative per beneficiare le classi meno abbienti come l’assistenza per la cura dei bambini, il diritto all’asilo per tutti i bambini, e due anni di università gratis. Biden proteggerebbe anche il Social Security e il Medicare verrebbe rafforzato mediante aumenti alle tasse di miliardari a cui verrebbe imposto una tassa minima del 25 per cento per evitare che riescano a pagare molto di meno sfruttando le leggi fiscali a loro favore. Questa parte mira a stabilire una certa uguaglianza, impedendo agli ultra ricchi di evitare di pagare tasse mediante l’uso delle agevolazioni contenute nel complesso codice fiscale. Va ricordato, per esempio, che 25 dei più ricchi americani, incluso Elon Musk, Warren Buffett e Jeff Bezos pagarono un’aliquota del 3,4 per cento fra il 2014 e il 2018. Musk non pagò tasse federali nel 2018 come fece anche l’ex presidente Donald Trump nel 2020.
L’aliquota per quelli con reddito superiore a 400 mila dollari annui ritornerebbe nella proposta di Biden al 39,6 per cento come pure per le plusvalenze ma queste solo per quelli con reddito superiore a un milione di dollari. L’aliquota per le corporation ritornerebbe anche al 28 per cento. Questi aumenti in effetti annullerebbero gli sgravi fiscali effettuati durante l’amministrazione di Donald Trump che in grande misura hanno beneficiato gli ultra ricchi. La difesa non subirebbe tagli com’è avvenuto in anni precedenti.
I repubblicani alla Camera sono divisi sugli eventi del 6 gennaio comparati ai loro colleghi al Senato ma quando si tratta di aumenti alle tasse fanno quadrato opponendosi all’unanimità. Le tasse nella prassi repubblicana non vanno mai aumentate. Il problema però è che senza aumenti alle tasse il pareggio del bilancio o la riduzione graduale del debito federale, diventa difficilissimo. Strillare dunque sul fatto che il debito e il deficit sono insostenibili serve a poco poiché nessuno dei repubblicani sarebbe favorevole a tagliare la difesa, il Social Security o il Medicare per fare quadrare i conti.
Un gruppo di repubblicani, però, il Republican Study Committee, che include 173 parlamentari del Gop, ha offerto un piano dettagliato per affrontare il bilancio e farlo pareggiare in 10 anni. Per non toccare le vacche sacre della difesa, il Social Security e il Medicare, richiederebbe tagli significativi del 70% alle altre spese sociali e quelle per mantenere in piedi il governo. Ingenti tagli sarebbero necessari incluso il licenziamento di buona parte degli agenti dell’Fbi, tagli all’assistenza di cibo ai poveri, tagli al Medicaid (assistenza medica ai poveri), tagli al servizio dei parchi nazionali, e riduzioni alle pensioni dei veterani. Lievi tagli al Social Security del 4 percento e meno lievi del 24 % al Medicare sarebbero inoltre necessari. Inoltre l’età di qualificazione per la pensione aumenterebbe gradualmente da 65 a 70 anni.
Il Congressional Budget Office, organo non partisan, ha preparato una lista di 100 cambiamenti che potrebbero ridurre il deficit. Bisognerebbe aumentare le casse del governo con una tassa sui consumi come avviene in parecchi Paesi europei ma anche aumenti fiscali ai redditi accompagnati da riduzioni alle spese. La proposta di Biden è dunque sulla strada giusta anche se non intende ridurre le spese per la difesa che aumenterebbero del 3,2 percento.
Il piano di Biden non sarà realistico ma potrebbe essere un punto di partenza. Il presidente merita il credito di avere messo nero su bianco. McCarthy ha promesso di fare altrettanto e ha suggerito alcune carte da giocare. Numero uno vorrebbe estrarre concessioni sull’innalzamento del tetto al debito che scade in alcuni mesi. Durante l’amministrazione Trump l’innalzamento del debito è avvenuto tre volte senza grossi problemi in maniera bipartisan. La mancanza di ottenere questa approvazione potrebbe causare ingenti danni all’economia americana e ovviamente avrebbe un impatto su quella mondiale. Biden ha indicato che il tetto va innalzato e non intende negoziare. Non ha rifiutato di discutere sulle proposte dei repubblicani ma aspetta che anche McCarthy e Mitch McConnell, senatore del Kentucky e leader dei repubblicani al Senato, mettano anche loro nero su bianco. Un compito poco facile specialmente per McCarthy, uno dei più deboli speaker dei tempi recenti, con un caucus che ha richiesto 15 votazioni e grandi concessioni ai parlamentari repubblicani per essere eletto speaker. Un gruppo di parlamentari repubblicani di estrema destra ha già minacciato di non approvare l’innalzamento al debito federale a meno che non includa tagli per 130 miliardi.
Biden spesso ripete in campagna elettorale che non vuole ascoltare “i valori” dei suoi avversari politici. “Fatemi vedere il vostro bilancio”, continua Biden, e poi vi “dirò quali sono i vostri valori”. Lui l’ha già fatto. Si attende la risposta repubblicana.
*Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della National Association of Hispanic Publications.
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