OSSERVATORIO AMERICANO/ L’accanito tentativo di Trump di bloccare il voto degli americani

di DOMENICO MACERI* – Il 5 novembre, due giorni dopo l’Election Day, la campagna di Donald Trump ha rilasciato un messaggio in cui diceva che “se si contano i voti in ritardo e illegali, mi ruberanno l’elezione”. Il messaggio, scritto in lettere maiuscole come spesso fa  nei suoi tweet, è falso. Non c’è stata nessuna frode. Trump ha deciso di non usare Twitter in questo caso perché non pochi dei suoi recenti tweet si sono beccati l’etichetta di potenzialmente falso che la piattaforma usa in casi di informazioni sospette o pericolose alla sicurezza pubblica. Non c’è stata frode nell’elezione ma Trump ha persino detto che non può perdere l’elezione a meno che gli venga rubata. Trump ha reiterato lo stesso concetto in una conferenza stampa alla Casa Bianca, ripetendo le stesse menzogne, inducendo parecchie reti televisive ad oscurare il suo discorso.

Infatti, se c’è qualcuno reo di furto, Trump dovrebbe guardarsi allo specchio per la sua condotta nei quasi quattro anni di presidente. Nella sua campagna elettorale del 2016 l’attuale inquilino usò le parole per attaccare i suoi avversari e chiunque potesse sbarrargli la strada. Una volta eletto, si pensava che il candidato Trump sarebbe entrato nel ruolo di presidente, ma, come ha detto Barack Obama recentemente, il magnate di New York non ha fatto altro che continuare nei suoi comportamenti di candidato senza mai assumersi compiti di responsabilità. La differenza però è che nei quattro anni della permanenza alla Casa Bianca ha assestato colpi severi alle istituzioni e ha accentuato le divisioni del Paese.

Nel suo primo e unico mandato il 45esimo presidente ha insistito con la sua visione della realtà cercando di imporla al resto degli americani e al mondo. La minoranza degli americani che lo aveva eletto gli ha perdonato la sua crudeltà, la corruzione, le sue indecenze, i suoi attacchi sferrati alle istituzioni, e soprattutto il degrado in cui ha trascinato le tradizioni democratiche. Non a caso ha dimostrato grande affezione per i leader autoritari: da Putin a Kim Jong-Un. Trump ha chiuso non uno ma ambedue gli occhi, avvicinandosi a regimi autoritari come quello ungherese, dove la democrazia è a tutti gli effetti scomparsa, e quello dell’Arabia Saudita, responsabile dell’orribile uccisione del giornalista Kassogi. 

Allo stesso tempo Trump si è allontanato dagli alleati tradizionali nel resto del globo con la sua politica isolazionista di America First, riflettendo l’egoismo personale e trasportandolo a quello nazionale e internazionale.

In politica interna Trump si è allontanato dalla comune decenza, accettata da tutti i suoi predecessori alla Casa Bianca. I suoi elettori e il Partito Repubblicano gli hanno perdonato il suo linguaggio volgare e i suoi comportamenti non degni di un presidente americano, benché con pochissimi tentativi di imporgli dei paletti. A livello nazionale, ma anche in campo internazionale, la tradizionale retorica americana sui diritti umani e il rispetto per le vite umane sono stati messi da parte da Trump. L’esempio più lampante è stata la sua condotta nel gestire la pandemia di Covid-19. Il numero stratosferico di contagi e di decessi in America non lo hanno preoccupato, ripetendo falsamente a destra e manca che stiamo sconfiggendo il virus. Anche le ultimissime notizie ci dicono esattamente il contrario.

  L’attacco più grave però Trump lo ha riservato proprio all’istituzione democratica, con l’insistenza sulle accuse di frode elettorale senza presentare nessuna prova mentre tutti gli analisti ci dicono che non esiste. Al momento di scrivere questa rubrica, lo spoglio delle schede indica che, con i vantaggi in Pennsylvania e Georgia, Biden ha vinto le elezioni. Infatti, le maggiori reti televisive e media hanno annunciato che Biden è il presidente eletto. Trump continua a blaterare di irregolarità ed ha insistito nel dire che intende presentare ricorsi, sperando che la Corte Suprema intervenga e lo salvi dalla sconfitta che assume proporzioni via via più più consistenti. Da parte sua Biden ha continuato ad usare toni pacati, tipici di un presidente che cerca di calmare le acque, come preludio al suo difficile compito di unificare il Paese. Un compito che dovrebbe essere facile considerando non solo la sua vittoria con l’Electoral College ma anche col voto popolare (74 milioni di voti fino al momento che potrebbero raggiungere i 78 milioni una volta completati gli spogli di Stati come la California e New York). Anche Trump ha ricevuto 70 milioni di voti, 4 meno del vincitore, e comunque una cifra notevole.

Nella sua vita di imprenditore e di politico Trump ha spesso parlato di perdenti e vincitori. Lui ne sa qualcosa. Dopo le sue bancarotte negli anni 90 è riuscito a ritornare a galla. La situazione attuale è più seria. La sconfitta gli farà perdere l’immunità e lo bollerà come perdente. Potrà accettare la sconfitta o continuerà a tentare di ribaltarla per vie legali? Il sindaco Jim Kenney, rispondendo ai giornalisti sulle insinuazioni di Trump contro presunti (e indimostrati) brogli elettorali, ha dichiarato che il presidente dovrebbe “smettere di fare il bambino… e riconoscere che ha perso”. Lo farà? 

*Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California  (dmaceri@hotmail.com).

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