di DOMENICO MACERI* – Le accuse di impeachment a Donald Trump risulterebbero in una “sentenza di condanna in tre minuti precisi”. Così Jeff Nadler, presidente della Commissione Giudiziaria alla Camera mentre spiega la serietà dei capi di accusa contestati all’attuale inquilino della Casa Bianca. I democratici hanno deciso su due capi d’accusa dopo le indagini sull’Ucrainagate. Il primo consiste nell’abuso di potere e il secondo nella ostruzione al Congresso.
Nadler è ovviamente di parte come parlamentare democratico, ma le indagini della Commissione Intelligence alla Camera hanno riscontrato chiare evidenze sull’accusa che Trump ha abusato dei suoi poteri. Come è ormai noto, il presidente americano ha chiesto a Volodymyr Zelensky, suo omologo ucraino, di promuovere un’indagine su Joe Biden, suo probabile avversario alle elezioni presidenziali del 2020. Così facendo, Trump ha cercato per la seconda volta di usare l’interferenza straniera per influenzare il risultato delle elezioni a suo favore.
La prima occasione si presentò nella campagna elettorale del 2016, quando l’allora candidato Trump chiese pubblicamente ai russi di rilasciare le e-mail di Hillary Clinton. I russi lo fecero attraverso Wikileaks. Le indagini di Robert Mueller sul Russiagate hanno stabilito che la Russia ha interferito nell’elezione del 2016 per aiutare Trump, anche se non furono appurate prove di collusione fra le due parti.
Nel caso sull’Ucrainagate, però, la richiesta di aiuto per essere rieletto ci è pervenuta dalle trascrizioni della telefonata di Trump con Zelensky, confermata anche dal noto whistleblower (informatore). Le testimonianze in audizioni a porte aperte e anche a porte chiuse alla Commissione Intelligence ci hanno confermato il tentativo di Trump.
Come nel caso di Russiagate, Trump ha classificato come “caccia alle streghe” le recentissime indagini sull’interferenza ucraina. I suoi collaboratori repubblicani alla Camera lo hanno assecondato e hanno fatto di tutto per ostacolare le indagini. Hanno anche criticato i loro colleghi democratici per non aver dato l’opportunità al presidente di difendersi.
Quando poi verso la fine delle indagini i leader democratici hanno offerto l’opportunità al presidente di partecipare, l’avvocato della Casa Bianca, Pat Cipollone, ha inviato una risposta negativa. Trump non invierebbe nessun legale a rappresentarlo. In effetti, Trump ha criticato la metodologia dei democratici e poi non ha accettato il loro invito a giocare la partita.
Trump sa benissimo che alla Camera, dominata dai democratici, la partita è perduta e sta scommettendo tutto sul processo al Senato dove lui giocherà “in casa” grazie alla maggioranza repubblicana alla Camera Alta. Giocare “in casa” dà un grande vantaggio a Trump poiché si prevede che la maggioranza repubblicana (53 contro 47) sotto la guida di Mitch McConnell, senatore del Kentucky, non lo condannerà anche per il fatto che tale verdetto richiede 67 voti sui 100 del Senato. Ciononostante le “filosofie” di McConnell e Trump non coincidono sulla procedura. Il presidente del Senato vuole programmare un processo rapido per mettere tutto da parte e ritornare alla sua agenda regolare. McConnell si preoccupa di mantenere Trump alla Casa Bianca ma è egualmente interessato alle elezioni del 2020 per mantenere la risicata maggioranza al Senato. Da ricordare anche che i singoli senatori sono preoccupati dalla loro rielezione. Quindi dovendo scegliere fra il loro futuro politico e quello di Trump non sarebbe una scelta troppo difficile per loro soprattutto per una manciata di senatori repubblicani in Stati in bilico dove Trump non li può aiutare in modo significativo.
Trump invece vorrebbe un lungo processo in cui parecchi leader democratici verrebbero al Senato per offrire testimonianze. Questi includono Adam Schiff, il presidente della Commissione Intelligence che tanto ha fatto per l’impeachment alla Camera, la speaker Nancy Pelosi, Joe Biden, ex vicepresidente, e il figlio Hunter. Trump non vuole solo l’assoluzione al Senato ma vorrebbe creare uno spettacolo nella Camera Alta le cui immagini potrebbero essere usate come materiale in campagna politica nell’elezione del 2020. In effetti il Senato sarebbe costretto a divenire una specie di reality per il beneficio personale e elettorale dell’attuale inquilino della Casa Bianca.
Richiedere la testimonianza di leader democratici al processo di impeachment al Senato potrebbe condurre anche alla minoranza democratica a richiedere le testimonianze di simili individui dalla parte repubblicana, come l’attuale vicepresidente Mike Pence e Mick Mulvaney, il chief-of-staff di Trump. Le regole dei processi di impeachment al Senato non fanno parte della costituzione americana ma sono stabilite dalla Camera Alta stessa. Quindi, nonostante la loro minoranza, i democratici potrebbero spingere per fare valere almeno in parte le loro ragioni.
McConnell riconosce il pericolo di un’atmosfera da circo che potrebbe emergere con le testimonianze di individui chiave da ambedue le parti. In un pranzo con colleghi repubblicani il presidente del Senato avrebbe espresso le sue preoccupazioni che potrebbero essere dannose ad ambedue i partiti ma anche al Senato come istituzione decorosa. Un’incognita da aggiungere sarebbe il comportamento della presenza di John Roberts, presidente della Corte Suprema, il quale, secondo la costituzione americana, dirigerebbe il processo di impeachment a Trump. La presenza di Roberts toglierebbe il timone del Senato a McConnell durante il processo, una situazione poco allettante per McConnell.
*Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California (dmaceri@gmail.com).
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