di DOMENICO MACERI* – Subito dopo il discorso di Meryl Streep ai Golden Globes, Donald Trump ha reagito con uno dei suoi soliti tweet dicendo di non avere “mai preso in giro un giornalista disabile” come aveva detto la star di Hollywood. Il neopresidente aveva anche continuato ad attaccare personalmente l’attrice etichettandola di essere “sopravvalutata” e di essere “leccapiedi di Hillary Clinton, che ha straperso”. Insomma, in un solo tweet Trump è riuscito ad insultare non una ma due donne. All’inizio della campagna per le primarie repubblicane Jeb Bush aveva avvertito Trump che non poteva arrivare alla Casa Bianca con gli insulti. Si è sbagliato ovviamente. Gli insulti di Trump però non solo offendono chi li riceve e tutti gli altri che li testimoniano ma ci rivelano in modo più profondo il suo narcisismo e le sue insicurezze.
Trump ha bisogno di essere adorato ed ecco perché “scrive” il suo cognome dovunque gli sia possibile. Gli edifici sparsi per il mondo che indicano con lettere cubitali il suo cognome ci fanno pensare all’estremo bisogno narcisista simile a quello di un ragazzino che scrive il suo cognome sul quaderno e poi lo colora per farlo più bello. Un bisogno che altri individui ultra ricchi nel mondo non avvertono, anzi si “nascondono” dietro i nomi delle loro aziende. Trump in un certo senso vuole competere con questi nababbi ma ovviamente, anche se lungi da essere povero, non possiede i quattrini di Bill Gates, Warren Buffet o Carlos Slim. Ecco perché nella sua carriera di imprenditore Trump ha venduto il suo nome a un sacco di prodotti: dal sapone alle camicie, agli asciugamani, alle bistecche, alla vodka. Non si trattava solo di guadagnare soldi ma di scrivere il suo cognome ovunque fosse possibile.
“Scrivere” il suo cognome dappertutto dovrebbe essergli confortante ma rimane insufficiente, data l’insicurezza che lo rende persino incapace di tollerare la satira nei suoi confronti. Ecco come si spiega la sua reazione al programma Saturday Night Live che ha etichettato come “inguardabile”. Quando una persona in politica diventa oggetto di satira significa che ha un rilievo e in un certo senso diventa un complimento. I comici usano i personaggi famosi e potenti come loro bersaglio dimostrando al tempo stesso che viviamo in una democrazia con libertà di espressione.
L’insicurezza di Trump non gli permette di apprezzare l’umorismo e lo spinge persino ad attaccare icone ed eroi come John McCain, John Lewis, e per un brevissimo periodo persino il Papa. Nel caso di Lewis, il più recente, Trump ha attaccato l’icona del movimento dei diritti civili dicendo che è tutto “parole, parole, parole” perché non fa nulla per il distretto che rappresenta. Trump era arrabbiato perché Lewis aveva annunciato che si sarebbe assentato alla cerimonia di insediamento di Trump vedendo il neopresidente come illegittimo per la presunta interferenza russa nella sua elezione. Come in molte altre occasioni, Trump spara però senza conoscere la realtà completa. Lewis rappresenta un distretto povero, secondo Trump. In realtà, il distretto rappresentato da Lewis include zone povere ma anche ricche.
L’idea di essere presidente illegittimo duole a un uomo insicuro come Trump, anche per il fatto che la Clinton ha ricevuto quasi tre milioni di voti in più. Il neopresidente aveva spiegato in un tweet che solo i voti illegali gli hanno impedito di vincere anche il voto popolare senza però offrirne la prova. Quando poi Lewis lo accusa di non essere legittimo Trump non può fare altro che contrattaccare insultando perché quella è stata la sua arma più efficace.
Quando Trump attacca non si limita agli insulti ma spessoaggiunge minacce. Lo ha fatto con il New York Times senza però poi denunciare il giornale per diffamazione. Ha anche minacciato alcune aziende automobilistiche di imporre loro dei dazi se continuano a trasferire fabbriche in altri Paesi. Ha minacciato Hillary Clinton durante uno dei loro dibattiti di mandarla in prigione ma, una volta eletto presidente, si è rimangiato quelle parole dicendo che l’ex first lady ha sofferto abbastanza.
L’altro punto oscuro sono i rapporti di Trump con la Russia. Il neopresidente ha detto più volte di non avere legami con la Russia, ma nel 2013 guadagnò un sacco di soldi a Mosca con il concorso di Miss Universo con il suo socio Aras Agalarov, miliardario russo. Anche il figlio Donald Junior dichiarò nel 2008 che un sacco di soldi stava entrando nella loro azienda dalla Russia.
L’insicurezza di Trump lo costringe ad agire usando le stesse strategie della campagna elettorale. Il magnate di New York ha vinto l’elezione ma la sua continua insicurezza non tranquillizza il Paese ed il resto del mondo. Nel suo discorso di insediamento Trump ci ha detto che l’America appartiene a tutti gli americani. Belle parole, ma non confermate finora dal suo percorso politico.
*Domenico Maceri è docente di lingue all’Allan Hancock College, Santa Maria, California (dmaceri@gmail.com)
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