di DOMENICO MACERI – “Provo imbarazzo e vergogna. Ho deluso molte persone e spero di rifarmi e poco a poco riottenere la loro fiducia”. Con queste parole, il senatore Al Franken, democratico del Minnesota, ha cercato di giustificare le sue improprie azioni verso parecchie donne, venute a galla nelle ultime settimane. Non era la prima volta che Franken chiedeva scusa, ma, a differenza di altri politici, lui ha il merito di non avere attaccato le sue accusatrici. Forse per questo almeno una delle sue vittime non ha richiesto che Franken si dimetta. Lui ha ovviamente fatto delle cose riprovevoli, ma gli si deve riconoscere una certa sincerità come pure una certa sensibilità che riflette anche il Partito Democratico in comparazione alle reazioni nel campo repubblicano.
Oltre a Franken i democratici accusati di queste nefandezze hanno reagito in modo più ragionevole dei repubblicani. John Conyers, parlamentare democratico del Michigan, si è dimesso della carica di leader democratico della Commissione giudiziaria, ma ha detto che rimarrà alla Camera per fare chiarezza e dimostrare la sua innocenza. Nancy Pelosi, leader delle minoranza democratica alla Camera, aveva inizialmente preso le difese di Conyers citando i contributi durante la sua lunga carriera. Poi, dopo l’ennesima accusa, la Pelosi e lo speaker della Camera Paul Ryan hanno ambedue dichiarato che Conyers dovrebbe dimettersi.
Ha fatto la cosa giusta il membro dell’Assemblea californiana Raul Bocanegra, il quale si è dimesso dopo le accuse di avere molestato sei donne. Altri due membri della legislatura in California, anche loro democratici, sono al momento sotto controllo dai leader del loro partito e si prevedono almeno delle sanzioni una volta che le indagini saranno completate.
Nel campo repubblicano invece le reazioni lasciano poco da sperare dato che la tattica è semplicemente quella di negare tutto attaccando le accusatrici e etichettando le storie come un complotto dei liberal media. Lo ha fatto Roy Moore, candidato repubblicano al Senato nell’elezione speciale dell’Alabama per sostituire Jeff Sessions, il quale si era dimesso dal suo incarico di Procuratore Generale nell’amministrazione di Donald Trump.
Moore è stato accusato di avere molestato una decina di donne molti anni fa, alcune delle quali erano minorenni, mentre lui aveva già più di trent’anni. Moore e la sua campagna hanno fatto muro attaccando le accusatrici per la tempistica. Perché andare a pescare eventi avvenuti tanti anni fa? La risposta non piacerà a Moore ma lo tsunami di donne (e alcuni uomini) che hanno subito molestie sessuali negli ultimi mesi avrà avuto effetto e incoraggiato non pochi individui a riaprire ferite che evidentemente non erano completamente guarite.
C’è poco da guadagnare e molto da perdere venendo alla luce del sole per molestie subite specialmente quando i trasgressori sono ricchi e potenti. Non solo le vittime possono perdere il lavoro ma dovranno anche subire attacchi spesso personali a volte accompagnati anche da minacce. Meglio sarebbe tacere, dimenticare e andare avanti. La strada più facile però non è sempre quella giusta e le donne che descrivono molestie subite meritano comprensione e supporto se la società avrà qualche chance di evitarle in futuro.
Negare categoricamente dunque non è la via giusta ma questa sembra essere la strada dei repubblicani. Ovviamente il caso più famoso in questo partito riguarda proprio il numero uno, Donald Trump, l’attuale presidente. Come si ricorda, poco prima dell’elezione l’anno scorso venne a galla il noto Access Video nel quale l’allora candidato repubblicano si vantava di essere una star e come tale poteva fare quello che voleva con le donne, persino prenderle dalle parti intime.
Trump fece all’epoca un breve discorso chiedendo scuse che risultarono poco convincenti spiegando tutto come chiacchiere di spogliatoio. Pochi giorni dopo una quindicina di donne confermarono che il suo comportamento verso di loro rifletteva proprio le parole del video. L’allora candidato repubblicano attaccò le sue accusatrici minacciando anche di querelarle.
Adesso da presidente Trump ha preso le difese di Moore ma ha criticato aspramente Franken, usando chiaramente due pesi e due misure. Con i suoi attacchi a Franken il 45esimo presidente incoraggia involontariamente il piano del Senato dell’inchiesta dell’Ethics Committee. La leadership repubblicana al Senato però sta andando piano sull’inchiesta. Ciononostante Mitch McConnell, presidente del Senato, ha preso le distanze da Moore. L’idea di inchieste sulle molestie sessuali nelle due Camere legislative non risulta tanto allettante considerando il timore che molti altri parlamentari e senatori vengano accusati di comportamenti inappropriati. L’inchiesta dell’Ethics Committee si profila però all’orizzonte in caso di vittoria di Moore il 12 dicembre di quest’anno.
Nel frattempo Trump rimane in grande misura fuori da mischia, eccetto per il suo continuo supporto a Moore, lasciando agli elettori dell’Alabama la decisione. L’idea delle inchieste sui comportamenti dei parlamentari dovrebbe però preoccuparlo. Nessuno ha dimenticato le sue parole nell’Access Video. Non dovrebbe anche lui essere soggetto a un’inchiesta per molestie sessuali?
*Domenico Maceri è docente di lingue all’Allan Hancock College, Santa Maria, California (dmaceri@gmail.com)
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