di DOMENICO MACERI* – La madre di Richard Nixon gli telefonò il giorno dopo il primo dibattito presidenziale con John Kennedy nel 1960 per chiedergli se stesse bene. Nixon diede l’impressione di sentirsi a disagio, sudando abbondantemente mentre gli occhi guardavano nel vuoto. Dette l’impressione che mancasse di onestà. Nixon perse il dibattito soprattutto per il suo aspetto poco telegenico in comparazione a quello di Kennedy che apparve rilassato e sicuro. Per gli individui che avevano ascoltato solo l’audio del dibattito, però, Nixon ne era uscito vincitore dal punto di vista del contenuto.
Il primo faccia a faccia svoltosi fra Donald Trump e Hillary Clinton è stato perso dal magnate di New York non solo per il contenuto ma anche per il comportamento davanti alle telecamere. È strano che Trump abbia perso anche il confronto dal punto di vista televisivo considerando la sua lunga esperienza da reality star e i consigli ricevuti da Roger Ailes, ex amministratore delegato di Fox News.
L’inizio del dibattito era stato accettabile per Trump ma dopo una ventina di minuti si è vista la sua mancanza di preparazione, poco diversa dalla strategia usata nelle primarie che lo ha condotto alla conquista della nomination del Partito Repubblicano.
La Clinton è stata molto brava a punzecchiare Trump sin dall’inizio salutandolo familiarmente con un “Ciao, Donald” invece di Mr. Trump come lui preferisce essere chiamato. Trump ha lasciato correre, ma poco a poco è caduto nella trappola dell’ex first lady che ha condotto il discorso sulle capacità e la tempra del suo avversario.
Trump, come si sa, è molto sensibile a qualunque riferimento alla sua mancanza di successo economico. La Clinton ha passato in rassegna la storia di Trump dicendo che ha iniziato la sua carriera con un prestito di quattordici milioni di dollari del padre e spiegando che il suo successo è dovuto alle sue pratiche poco etiche. A cominciare dalle scarse retribuzioni ai suoi dipendenti, le migliaia di denunce a suo carico e i suoi affari poco trasparenti con Paesi stranieri. La Clinton ha anche reiterato le discriminazioni razziali persino dagli inizi della carriera di Trump, il quale è stato denunciato dal dipartimento di giustizia per la sua pratica di non affittare appartamenti agli afro-americani.
Per continuare a dipingere il quadro di Trump come carente del temperamento da presidente, la Clinton ha anche passato in rassegna i rapporti di Trump con le donne, ripetendo alcune delle frasi offensive usate dal magnate di New York nella campagna. Ci ha ricordato che Trump ha chiamato le donne “scrofe, sciattone e cagne” e che la gravidanza è “un fastidio per le aziende”.
Nei dibattiti per le primarie Trump era riuscito a contrattaccare i suoi avversari con parole offensive apostrofandoli come perdenti (Jeb Bush), bugiardi (Ted Cruz), brutti (Carli Fiorina) eccetera. Trump nel dibattito con la Clinton ha cercato di difendersi senza però andare ai colpi bassi nel suo debole tentativo di sembrare “presidenziale”. Non ha potuto però resistere alla tentazione di interrompere costantemente l’ex first lady con “sbagliato”, “non è vero”, ecc.
Quando il tema del certificato di nascita di Barack Obama è venuto a galla Trump ha continuato con la sua falsa asserzione che era stata la Clinton ad insinuare per prima dubbi sulla cittadinanza dell’attuale presidente. Un volta messo alle corde dalla Clinton, Trump ha anche polemizzato con il conduttore Lester Holt sullo Stop and Frisk, la pratica della polizia di New York di fermare e perquisire persone per strada anche senza alcuna evidenza di colpa. La pratica è stata dichiarata illegale, come ha sostenuto Holt, ma Trump ha detto che non è vero.
Il piano di Trump era di apparire “presidenziale” onde rassicurare gli americani. Non ci è riuscito. Ha dato l’impressione di essere petulante, scortese, impreparato e disorganizzato nelle sue spiegazioni. Per la maggior parte del confronto Trump ha fallito nel suo compito di convincere il 10 per cento degli americani ancora indeciso su chi votare. Il suo comportamento però ci ha confermato che non ha la tempra per essere commander in chief. Lui ci ha detto il contrario attaccando la sua avversaria, dicendo che lei non ha “il look” di presidente, per una pretesa carenza estetica. Poi ha proseguito chiarendo che si tratta della carenza di resistenza, forse pensando al malore dell’ex first lady alla cerimonia dell’11 settembre. La Clinton aveva la polmonite ma si è rimessa e nessuna traccia di instabilità si è notata in occasione del dibattito. Rintuzzando Trump, la Clinton ha detto che quando il suo avversario avrà visitato 112 Paesi, avrà negoziato un “cessate il fuoco” e avrà retto un’udienza parlamentare di 11 ore, come lei ha fatto, potrà parlare di resistenza.
Alla fine del dibattito Trump ha affermato che lui ha il temperamento per essere presidente perché sa “vincere”. Non lo ha dimostrato al primo dibattito davanti a quasi cento milioni di americani, fra televisioni, radio e streaming. Un sondaggio del Public Policy Polling subito dopo il dibattito ha rilevato che la Clinton ha vinto il faccia a faccia (54 a 31 per cento). I sondaggi prima del dibattito davano la corsa alla presidenza come un testa a testa ma gli ultimissimi risultati ci indicano che la Clinton è avanti di parecchi punti.
*Domenico Maceri è docente di lingue all’Allan Hancock College, Santa Maria, California (dmaceri@gmail.com)
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