di DOMENICO MACERI* – “Perché i democratici vogliono farvi odiare Putin?” Questa la domanda retorica di Tucker Carlson, conduttore di un popolare programma alla Fox News, 2 giorni prima che iniziasse l’invasione russa dell’Ucraina. Carlson ha continuato domandandosi in che modo Putin avesse influito negativamente sugli americani. La lode di Carlson mirava anche ad avvicinarsi al leader russo sperando che accettasse la richiesta per un’intervista che sarebbe stata un colpo mediatico per lui e la rete conservatrice di Rupert Murdoch. I cittadini russi hanno potuto vedere i commenti positivi di Carlson sul loro leader alla televisione poiché alcuni clip del programma sono stati trasmessi con sottotitoli dalla televisione russa.
Nonostante la retorica favorevole di Carlson, gli americani non sono stati convinti. La Russia è adesso vista come nemica degli Stati Uniti dal 70% degli americani, un aumento di 29 punti dal mese di gennaio. In effetti, la guerra in Ucraina è riuscita ad unire gli americani almeno su un tema. Ciononostante, l’indice di gradimento di Joe Biden rimane basso al 45% anche se vi è stato un leggero aumento negli ultimi giorni, secondo un sondaggio della Reuter/Ipsos. Putin, invece, riceve l’approvazione dell’83% dei suoi cittadini, un aumento di 12 punti dal mese di febbraio. Fuori casa Putin è divenuto un paria ma quando gioca in casa stravince grazie al controllo dei media e anche grazie al modo in cui i sondaggi vengono condotti. Le cifre di approvazione di Putin saranno gonfiate ma con ogni probabilità riflettono almeno una verità parziale anche quando si tiene conto del controllo delle informazioni a disposizione dei russi.
Partecipare ai sondaggi, in tutti i Paesi, spesso non è fatto volentieri. Nel caso della Russia le agenzie che conducono i sondaggi, anche quelli come Levada, considerato indipendente dal governo, hanno le loro difficoltà. I cittadini russi con frequenza hanno una certa dosi di apprensione nel rispondere a domande su tempi politici, sospettando possibili ritorsioni per le loro risposte. In alcuni casi le agenzie di sondaggi chiedono ai partecipanti se accettano di registrare le interviste per mantenere un alto controllo di qualità. Ciò ovviamente aumenta i sospetti e non pochi si rifiutano.
Chi risponde dunque alle domande dei sondaggisti? In linea generale si tratta di una minoranza di cittadini che spesso hanno idee che collimano con quelle del regime. Non sorprende dunque che i risultati siano favorevoli a Putin. Ciononostante, alcuni punti emergono con notevoli differenze che suggeriscono una certa affidabilità. Un sondaggio della Russian Field ci informa che fra gli over 60 l’83% approva la guerra in Ucraina. Fra i giovani al di sotto di 30 anni la cifra scende al 50%. Inoltre per quelli che ricevono le loro informazioni dalla televisione, rigidamente controllate dal governo di Putin, il 79% approva la guerra. Fra quelli che non guardano la televisione e ricevono le informazioni da altre fonti il 52% non approva la guerra. In sintesi i giovani che vivono nelle zone metropolitane tendono a essere contrari mentre i loro genitori e nonni appoggiano il governo di Putin.
Il leader russo ha “venduto” l’idea della guerra etichettandola “operazione militare speciale” spiegandola come una denazificazione dell’Ucraina. Il nesso fra il nazismo e la guerra risuona con i russi che ricordano molto bene la Seconda Guerra Mondiale, dove si persero più di due dozzine di milioni di vite umane nella guerra contro Hitler. Dopo il loro notevole contributo come alleati dell’Occidente nell’infliggere la sconfitta di Hitler i sovietici divennero poi nemici con la lunga guerra fredda. Lo sgretolamento dell’Unione Sovietica e il rimedinsionamento del potere russo non quadra con la nostalgia per la gloria passata. Putin ha coltivato per anni questa idea e si è presentato come il leader che sta spingendo per riportare il suo Paese in prima linea negli affari mondiali ritornando alla gloria d’antan.
Il problema però è che lo fa in buona parte controllando i mezzi di comunicazione, eliminando quelle fonti che potrebbero presentare una visione che non coincide con la sua. La recente approvazione di una legge che imporrebbe 15 anni di carcere a coloro che usino fake news sulla sua operazione speciale in Ucraina ci fa capire il suo controllo ma anche le sue paure, che non ammettono dissensi.
Le informazioni con diversi punti di vista sono poco accessibili in Russia e quindi falsificano la verità. Come può apparire credibile la tesi di Putin, secondo cui la guerra mira a denazificare l’Ucraina, quando il presidente ucraino, Volodymyr Zelenski, è di religione ebraica? Per quanto riguarda i nazisti bisogna anche ricordare che nelle ultime elezioni vinte da Zelenski i partiti di ultra destra hanno ottenuto solo il 2 per cento dei voti. E nel caso della storia bisogna anche tenere presente che per sconfiggere i nazisti nella Seconda Guerra Mondiale anche 5 milioni di ucraini vi persero la vita.
Con il controllo quasi ferreo dei media e della comunicazione Putin riesce a dare una immagine deformata della realtà per mantenersi al potere. Questa visione si scontra con quella, fuori dal Paese, che lui non può controllare. Il Senato americano, che riesce a trovare compromessi con grandissime difficoltà, ha però votato all’unanimità (100 sì, zero no) per abrogare alla Russia lo status di Most Favored Nation (Clausola della Nazione più Favorita) che agevola gli scambi commerciali. Anche le Nazioni Unite hanno appena approvato l’esclusione della Russia dal Consiglio per i diritti umani dell’Onu (voto 93 sì, 24 no). Putin rimane popolare in Russia, ma i massacri dei suoi soldati, commettendo potenziali crimini di guerra, lo hanno trasformato in un paria fuori dei confini del suo Paese.
*Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California (dmaceri@hotmail.com).
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