“Credo che le due cose principali da affrontare siano la protezione dei ‘dreamers’ e la sicurezza al confine”. Susan Collins, senatrice repubblicana del Maine, chiariva così le sue priorità sulla riforma migratoria contrapponendole alla posizione di Donald Trump, che lei vede come “importante ma troppo complicata”.
Trump, accusato di essere rimasto a bordo campo durante le negoziazioni per risolvere la questione dello shutdown durato dal 20 al 22 gennaio, ha preso l’iniziativa sulla riforma migratoria per tentare di risolvere la situazione dei “dreamers”, i giovani portati illegalmente da bambini negli Stati Uniti dai loro genitori e cresciuti in America. Barack Obama li aveva protetti con il suo ordine esecutivo Deferred Action for Childhood Arrivals (Daca) che Trump ha però revocato nel settembre del 2017.
La proposta di Trump, contenuta in una pagina di testo, proteggerebbe i “dreamers” offrendo loro permanenza e cittadinanza americana dopo un periodo di almeno 10 anni. Il 45esimo presidente includerebbe non solo i “dreamers” che hanno fatto la domanda per la protezione mediante il Daca ma anche quelli che sono rimasti anonimi raggiungendo un totale di 1,8 milioni di beneficiari. La proposta include però pillole velenose come la richiesta di 25 miliardi di dollari per la costruzione del muro alla frontiera col Messico, tagli all’immigrazione legale, l’eliminazione della lotteria che offre cartellini verdi a 50mila potenziali immigranti, e la riduzione del diritto dei cittadini di portare i loro genitori e famigliari negli Stati Uniti. La proposta ridurrebbe l’immigrazione legale di 22 milioni di individui nei prossimi 5 decenni, ossia un taglio del 44 per cento.
La reazione della destra era prevedibile con parecchie voci che hanno già etichettato la proposta come “amnistia” secondo il giudizio del sito di notizie ultra conservatore Breitbart, che era stato sotto la direzione di Steve Bannon, ex consigliere di Trump, licenziato nel mese di agosto del 2017. Il senatore repubblicano del Texas Ted Cruz ha anche lui espresso la sua opposizione dicendo che sarebbe uno sbaglio approvare una legge che concedesse “l’amnistia e una strada alla cittadinanza a coloro che sono nel Paese illegalmente”. I membri del Freedom Caucus, gruppo di parlamentari di ultra destra, hanno anche loro etichettato la proposta come amnistia massiva per i “dreamers”.
Anche la sinistra ha reagito negativamente. Frank Sharry, direttore esecutivo di America’s Voice, un gruppo che sostiene gli immigrati, ha detto che Trump sta approfittando della disperazione della sinistra per mettere in pratica la maggior parte della sua agenda migratoria concedendo alcune briciole ai “dreamers”. La American Civil Liberties Union è stata più dura etichettando la proposta di Trump come “odiosa e xenofobica”. Contrari anche la senatrice democratica della California Dianne Feinstein e il senatore Chuck Schumer, leader della minoranza democratica al Senato, vedendo la proposta come contraria ai valori americani sull’immigrazione.
La proposta di Trump è piaciuta ai senatori repubblicani James Lankford (Oklahoma) e Mike Rounds (South Dakota) i quali l’hanno descritta come un “passo positivo”, anche se “la strada è lunga” per raggiungere un accordo. Paul Ryan, speaker della Camera, non si è pronunciato, ma il suo portavoce ha dichiarato che le “idee della proposta alla fine aiuteranno a raggiungere una soluzione bilanciata”. Più rosei i commenti di Tom Cotton, senatore repubblicano dell’Arkansas, il quale ha definito la proposta “generosa e umana”.
La senatrice Collins ha però centrato il problema della proposta di Trump quando l’ha definita troppo complicata. Il 45esimo presidente ha cercato di offrire una soluzione che risente di un’impronta ultra conservatrice, ma allo stesso tempo tenta di risolvere molti problemi che la porterebbero al fallimento. Uno sforzo simile nell’affrontare la questione intera dell’immigrazione era stato tentato dal Senato nel 2013 approvando un disegno di legge bipartisan (68 sì, 32 no). Il disegno di legge non fu considerato alla Camera perché l’allora speaker John Boehner non diede ai parlamentari l’opportunità di votare, dato che la maggioranza repubblicana era contraria. La Collins ricorderà molto bene il caso perché lei era uno dei quattordici senatori repubblicani a votare sì. Un disegno di legge complesso perché, anche se venisse approvato dal Senato, avrebbe nuovamente poche possibilità di successo alla Camera bassa. Ryan ha già pfreannunciato che da speaker non permetterebbe un voto qualora la maggioranza dei parlamentari repubblicani fosse contraria.
La Collins conosce molto bene la situazione e lei spingerà per un disegno di legge limitato a risolvere la situazione dei “dreamers” prima dell’otto febbraio, quando la legislatura dovrà votare per evitare un altro shutdown.
Nel frattempo i “dreamers” continueranno a sognare di poter vivere permanentemente nell’unico Paese che conoscono. Il fatto che Trump abbia detto che loro non si devono preoccupare non è considerato affatto rassicurante e non li autorizza a dormire tranquilli.
*Domenico Maceri è docente di lingue all’Allan Hancock College, Santa Maria, California (dmaceri@gmail.com)
Commenta per primo