di DOMENICO MACERI* – “La stampa è stata incredibile”. Donald Trump non poteva contenere la sua gioia mentre spiegava a Nancy Pelosi, leader democratica alla Camera, i commenti positivi dei media sull’accordo di assistere le vittime dell’uragano Harvey e l’aumento del tetto al debito nazionale. Il 45esimo presidente aveva siglato l’accordo con Chuck Schumer, leader democratico al Senato, e la stessa Pelosi, mettendo da parte Mitch McConnell e Paul Ryan, gli omologhi della maggioranza repubblicana nelle rispettive Camere.
Le discussioni per l’accordo erano avvenute alla Casa Bianca e Trump aveva ceduto alle richieste dei democratici abbandonando le posizioni dei leader repubblicani. Non c’era molto da discutere sull’assistenza alle vittime dell’uragano ma la tempistica dell’innalzamento del debito aveva suscitato notevoli divergenze. I repubblicani volevano 18 mesi, per potere oltrepassare le elezioni di midterm e ottenere vantaggi politici. I democratici hanno pressato per un periodo breve e alla fine Trump li ha accontentati con un compromesso di tre mesi, favorevole a Pelosi e Schumer. Rivedendo la questione dell’innalzamento del debito in tre mesi permetterà ai democratici di negoziare da una posizione di forza con la possibile minaccia di chiudere le porte del governo per i servizi non essenziali.
Si tratta di una strategia usata con grande efficacia dai repubblicani in passato. Ecco perché Paul Ryan aveva etichettato come “ridicola” e “vergognosa” l’idea di tre soli mesi per l’aumento del debito. Alla Casa Bianca, però, lo speaker ha dovuto ingoiare il rospo perché Trump voleva chiudere l’affare e ottenere una vittoria legislativa di cui era affamatissimo. La fame di vittorie legislative era dovuta, come si sa, all’incompetenza dei legislatori repubblicani alla Camera ma soprattutto al Senato di revocare l’Obamacare, promessa fatta da Trump in campagna elettorale. Ambedue le Camere però hanno cercato di fare approvare il disegno di legge con un margine di pochi voti alla Camera ma poi al Senato McConnell non è riuscito a racimolare 51 voti nemmeno per una “skinny repeal” (revoca light).
Come spesso fa, Trump era andato su tutte le furie inviando non pochi tweet, attaccando McConnell ed i repubblicani per avere promesso per sette anni la revoca di Obamacare ed adesso con il controllo di ambedue le Camere e la Casa Bianca non vi erano riusciti. Logico dunque che Trump cerchi alleanze alternative con i democratici perché ha capito che per governare e ovviamente per ottenere consensi deve tentare compromessi con il partito di minoranza. Il 45esimo presidente sa bene che con soli 52 senatori repubblicani, alcuni dei quali poco affidabili, i 48 democratici possono ostacolare l’agenda repubblicana se continuano a rimanere compatti.
L’alleanza con il partito di minoranza diviene dunque logica perché mette da parte l’ala destra del Partito Repubblicano del Freedom Caucus che ha poco interesse a governare. I repubblicani moderati e i democratici possono dunque offrire una strada verso un governo bipartisan che a Trump interessa perché gli permetterà di vincere. I compromessi con i democratici saranno necessari. Trump in un incontro di qualche giorno fa con i leader democratici ha discusso un piano per regolarizzare lo status dei “dreamers”, i giovani portati da bambini in America da immigrati non autorizzati. Questi giovani sono americani a tutti gli effetti eccetto per i documenti. Pelosi aveva chiesto a Trump di comunicare a questi individui che non corrono pericoli, cosa che l’attuale inquilino della Casa Bianca ha fatto immediatamente.
Le discussioni per un disegno di legge che metta in pratica la legalità della presenza in America di questi giovani sono avvenute ma nell’ambito di una riforma sull’immigrazione. Questa non includerebbe il famoso muro al confine con il Messico ma farebbe parte di una massiccia campagna di controlli sull’immigrazione. Pelosi è molto ottimista e crede che in poche settimane si potrebbe regolarizzare la situazione di questi giovani.
Le discussioni dirette fra Trump e i leader democratici hanno aumentato il sospetto che le promesse fatte in campagna elettorale non saranno mantenute. Le reazioni di Breitbart News, sito di notizie di ultra destra guidato da Steve Bannon, ex consigliere di Trump, erano prevedibili. Già si parla di “Amnesty Don” (Donald dell’amnistia) per la possibile regolarizzazione dei “dreamers”. Ann Coulter, la giornalista molto conservatrice e grande sostenitrice del 45esimo presidente, ha anche lei mostrato la sua delusione dicendo che adesso “tutti richiederanno l’impeachment” di Trump.
Altre voci conservatrici però, come Sean Hannity della Fox News, non toccano Trump direttamente ma addossano tutta la colpa ai leader repubblicani, specialmente Mitch McConnell, per il fatto che Trump è stato costretto a trattare con i democratici.
Trump da parte sua si interessa ai successi legislativi ma soprattutto a ribaltare i sondaggi nazionali che lo danno in forte calo, al di sotto del 40 per cento. L’alleanza di convenienza con i democratici dunque non è ideologica ma basata sui propri bisogni. La svolta potrebbe unire i democratici e i repubblicani moderati aprendo a Trump le porte a successi legislativi non solo sull’immigrazione ma anche sulle infrastrutture e forse anche sulla riforma fiscale. Trump non è mai stato amatissimo dai leader repubblicani, i quali lo hanno visto come uno strumento per fare approvare la loro agenda. Adesso sembra che siano i democratici a vederlo in questa luce. Se Trump accetta un’agenda con sfumature democratiche che rendano beneficio al Paese si potrebbe considerare un “eroe” per avere fatto rinascere lo spirito bipartisan che era scomparso per una dozzina di anni.
*Domenico Maceri è docente di lingue all’Allan Hancock College, Santa Maria, California (dmaceri@gmail.com)
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