La campagna referendaria è partita. Consapevole o meno Renzi, con la sua affermazione che il suo futuro personale è legato all’esito del referendum sulle modifiche costituzionali, contribuisce a destare interesse per un appuntamento politico che molti elettori neppure sapevano ci sarebbe stato. Naturalmente sovrapporre il suo destino all’esito del referendum da parte di Renzi è strumentale, per mettere il merito del referendum in secondo piano, per sfuggire alle accuse di stravolgere la Costituzione nata dalla Resistenza, puntando ad una sorta di Sindaco d’Italia o, come dicono altri, ad un premierato forte mascherato. Renzi lo fa puntando a trasformare questo appuntamento in un referendum su di lui piuttosto che sullo stravolgimento della Costituzione che è il vero oggetto del referendum.
Questo tentativo strumentale va respinto. Gli elettori saranno chiamati a votare sulle modifiche della Costituzione che è cosa ben più importante del destino di Renzi.
Lo stravolgimento della Costituzione attuato con queste modifiche, fortemente volute da Renzi, sta arrivando in porto con modalità che stravolgono la prassi e lo spirito della Costituzione, lavorando su proposte del governo per rafforzane il ruolo diminuendo quello del parlamento, fingendo di dimenticare che dovrebbe essere il parlamento a definire il ruolo del governo e non viceversa. Non va infatti dimenticato che la Costituzione stabilisce che l’Italia è una repubblica parlamentare.
Va aggiunto che Renzi dopo avere ricattato numerose volte i parlamentari (o votate la fiducia al governo o tutti a casa) perfino sulla legge elettorale, ora cerca di ricattare gli elettori minacciando il suo ritiro con un sovraccarico che riguarda solo lui e il suo metodo di continuo rilancio della posta in gioco.
Occorre reagire con serenità, mantenendo al centro il merito delle proposte sottoposte a referendum, per convincere gli elettori a respingerle. Se poi qualcuno approfitterà della sfida per altri fini sarà responsabilità anzitutto di chi ha innescato questa spirale perversa, cioè Renzi stesso.
Va sottolineato che in ballo c’è, oltre le pur decisive modifiche della Costituzione, anche la legge elettorale. Infatti sul piano degli effetti istituzionali le modifiche costituzionali sono intrecciate fino a fare un tuttuno con la legge elettorale Renzi-Boschi.
La legge elettorale, approvata con un abuso del voto di fiducia, infatti contribuisce a cambiare la sostanza delle regole democratiche e in particolare della rappresentanza politica del nostro paese, con una pesante torsione maggioritaria. Un solo partito avrà un enorme premio di maggioranza (340 deputati) se raggiungerà il 40 % dei voti al primo turno. Altrimenti andrà al ballottaggio con il secondo piazzato e il vincitore nello spareggio avrà un premio di maggioranza ancora maggiore. Inoltre i deputati saranno per almeno i 2/3 nominati dal capo partito (nel caso specifico capo del partito e insieme del governo) il quale si troverà ad avere del tutto asservita l’unica Camera che dà e toglie la fiducia al governo e che ha l’ultima parola sui provvedimenti di legge. A questo aggiungiamo la spoliazione di poteri delle Regioni, l’accentramento delle decisioni nelle mani del governo perfino sui tempi dei lavori parlamentari, il declassamento del Senato ad una Camera dopo-lavoro, visto che sindaci e consiglieri regionali sono eletti per fare altre cose, e quindi non potranno esercitare seriamente neppure i poteri rimasti, con senatori non eletti e che quindi non rispondono agli elettori.
Così arriviamo alla chiusura del cerchio di un accentramento mai visto dei poteri nelle mani del capo del governo, con una torsione se non proprio autoritaria certamente molto decisionista. Del resto ne abbiamo avuto già numerose anticipazioni, da atteggiamenti di negazione del valore del dialogo sociale e in particolare del ruolo dei sindacati, all’attacco ai diritti di chi lavora rappresentato dalla liberalizzazione del tempo determinato e dalla cancellazione dell’articolo 18 per i nuovi assunti, fino a decisioni su materie ambientali che hanno fatto insorgere le regioni che hanno chiesto un referendum contro i permessi di trivellazione concessi in spregio alle norme ambientali. In futuro per le regioni questo referendum sarebbe molto difficile chiederlo.
Sono solo alcune della anticipazioni che dicono molto della concezione del potere e quindi del significato delle modifcihe della Costituzione, insieme alla legge elettorale.
Non si tratta solo della ricerca di un rafforzamento del potere personale da parte di Renzi, che pure c’è. C’è qualcosa di più. La cortina fumogena alzata con la polemica con Juncker non serve solo ad ottenere qualche zero virgola di flessibilità in più, dopo avere abbandonato in passato la Grecia al suo destino, ma rivela che il governo Renzi per rispettare i parametri europei (più o meno gli stessi che ha dovuto subire la Grecia) si prepara a manovre pesanti, socialmente indigeribili e che le misure che rafforzano il potere autoritativo del governo sono funzionali a farle passare, costi quel che costi, cioè ad imporle nei prossimi anni.
Il referendum sulle modifiche della Costituzione e la raccolta delle firme per promuovere quelli sulla legge elettorale saranno un’occasione importante per le elettrici e gli elettori per farsi sentire, tanto più che altri referendum saranno in campo a partire dalla scuola e dal lavoro. Ad aprile partirà la raccolta delle firme per ottenere i referendum per abolire premio di maggioranza e ballottaggio e garantire il diritto per i cittadini di eleggere tutti i deputati, senza nominati dai capi partito.
*Alfiero Grandi presidente dell’Associazione per il rinnovamento della sinistra
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