di RAFFAELE CICCARELLI*/ France Football, rivista di calcio francese nota soprattutto per l’assegnazione del Pallone d’Oro ai calciatori, ha pubblicato una classifica in cui ha messo in fila i migliori allenatori di tutti i tempi, naturalmente secondo loro. Come tutte le classifiche di questo tipo, il risultato è altamente opinabile alla luce di alcune omissioni, a mio avviso, importanti, soprattutto per l’apparente criterio che hanno usato, un misto tra chi il calcio lo ha veramente rivoluzionato e chi ha fatto incetta di titoli. Meritevoli anche questi ultimi, senza dubbio, ma tra vincere, e quindi soprattutto gestire, e apportare delle novità che poi si sono rivelate vere e proprie rivoluzioni culturali, c’è grande differenza, e questo dovrebbe essere il criterio guida per il tipo di soggetti di questa classifica. Le idee, nel calcio, sono il frutto di elaborazioni di quanto affermato in precedenza, per cui, altro criterio che va seguito, non si può prescindere anche da una connotazione cronologica. C’è sempre chi ha avuto una illuminazione primigenia, poi magari sviluppata e migliorata da altri a seguire, con nuove idee, ma non si può prescindere dall’”inventore zero”.
Gravi assenze storiche. Alcuni nomi spiccano per la loro assenza: Hugo Meisl, Vittorio Pozzo, Gustav Sebes sono i primi che mi vengono in mente, ma, per la nostra classifica al primo posto metterei sicuramente Herbert Chapman. Un inglese, ovviamente, perché solo in Inghilterra, patria dello sport, e del calcio, moderno, poteva iniziare ad assumere un aspetto, diciamo così, filosofico il gioco del calcio e il ruolo di allenatore. Fino a quel momento, la tattica del calcio era piuttosto rudimentale e si basava soprattutto sul Sistema Piramidale, per la disposizione in campo dei giocatori (2-3-5 per indicarla con i numeri moderni), fu nel 1925 che Chapman, allenatore dell’Arsenal, inventò quello che prese il nome di “Sistema”, a seguito della modifica della regola del fuorigioco, sistema di gioco che portava a tre i difensori e che disegnava sul campo quello che è passato alla storia come “WM”. Un suo ideale prosecutore fu Hugo Meisl, austriaco, che adattava quel dettame tattico al calcio danubiano, fatto di grossa cifra tecnica abbinata a notevoli doti atletiche. Il suo capolavoro fu la costruzione della nazionale austriaca passata alla storia come “Wunderteam”, squadra delle meraviglie, che ebbe il suo massimo fuoriclasse in Mathias “Cartavelina” Sindelar.
I trionfi del mitico Pozzo. Grande antagonista di quella squadra meravigliosa, in quegli anni, fu proprio un italiano, Vittorio Pozzo. Il calcio ormai si era imposto anche nel nostro Paese, tralasciamo i risvolti politici di quegli anni, con il regime fascista in Italia, nazista in Germania e nel resto d’Europa, che come conseguenza portò proprio alla cancellazione del “Wunderteam”. Pozzo, che avrebbe vinto due mondiali con l’Italia, unico allenatore a riuscirci nella storia, finora, studiò una evoluzione del “Sistema”, adattandolo maggiormente a quella che era la cultura del calciatore italiano, inventando quello che è passato alla storia come “Metodo”, un 4-3-3 che lasciava intatta, come dislocazione in campo, la “M” che disegnavano gli attaccanti, ma portava a quattro quella dei difensori. “Sistema” e “Metodo” furono i due sistemi di gioco adottati fino alla fine degli Anni Sessanta (con la parentesi del famigerato “Catenaccio”, e qui andrebbe almeno citato il suo inventore, lo svizzero Karl Rappan, e chi per primo lo adottò in Italia, Gipo Viani alla Salernitana), quando sulla scena comparve Rinus Michels e il suo Calcio Totale.
Tulipani rivoluzionari e la nostra personale classifica. La rivoluzione dell’olandese fu radicale, un calcio fino ad allora schematico divenne improvvisamente libero nella interpretazione dei giocatori, i ruoli interscambiabili, sublimato il tutto dalla presenza di quel grande campione che è stato Johann Cruijff, nell’Ajax come nella nazionale “Orange”. A partire da quel momento, e con intervalli più o meno regolari di venti anni, il tempo necessario ad aggiornare e rinnovare il seme iniziale, abbiamo avuto Arrigo Sacchi e il suo Milan e Pep Guardiola e il Barcellona, il “calcio pressing” del primo e il “tiqui taqua” del secondo, rivoluzioni, se vogliamo, ancora in atto, prima che un nuovo ventennio ci porti altre idee. Questa, quindi, la nostre cinque posizioni ideali di allenatori (con un ex aequo):
1) Herbert Chapman;
2) Hugo Meisl e Vittorio Pozzo;
3) Rinus Michels;
4) Arrigo Sacchi;
5) Josip Guardiola.
A seguire, poi, possono venire tutti gli altri, molti di quelli della stessa classifica francese, privilegiando sempre le idee al palmares. Chiudiamo citando uno che non è stato inserito in quella lista, Gustav Sebes, il tecnico della Grande Ungheria, la mitica “Aranycsapat”, la Squadra d’Oro, probabilmente la più grande incompiuta della storia, squadra di grandi campioni come Nandor Hidegkuti, Sandor Kocsis, il Colonnello Ferenc Puskas, una persona, tanto per rendere conto delle idee, che negli Anni Cinquanta scriveva: “L’allenatore può fare un lavoro efficace solo se il giocatore dispone di un’intelligenza di gioco speciale […]. Un calciatore che non fa una vita da sportivo può avere anche un titolo di studio, ma non potrà mai chiamarsi un giocatore intelligente”.
*Storico dello sport
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