Come ogni anno, il festival per eccellenza, quello di Sanremo, riscopre energie e forze di ogni genere, non solo canore. E’ preceduto da un grande battage di presentazione che mobilita tutte le reti e strutture della Rai. Un grande sforzo , anche finanziario, che il pubblico mostra di apprezzare anche se non sempre qualità e gusto si mostrano eccelsi. C’è quasi sempre la capacità di fare l’occhiolino all’attualità politica come per la presenza di Elton John, data la sua omosessualità conclamata ed espressa nel matrimonio con il suo compagno insieme al quale condivide la scelta di padre. E’ parsa ad alcuni un segnale di apertura e di testimonianza verso il complesso dibattito al Senato sulle unioni civili. Certo sono tante le questioni aperte in Italia e nel mondo, con l’Europa che non trova capacità e coraggio per incidere come dovrebbe. Ma la Rai non è solo Sanremo, forse addirittura troppo enfatizzato rispetto al suo carattere e alla sua natura. La nuova Rai di nomina renziana si è distinta per un improvviso intervento punitivo con il licenziamento in tronco del funzionario di Rai 1 ritenuto responsabile dell’infelice incidente avvenuto durante la diretta da Matera per la festa di capodanno.
Non sono in grado di conoscere e valutare i meccanismi e le procedure che hanno portato dopo qualche tempo alla severa misura disciplinare del licenziamento. Si pone comunque la domanda: ”Ma perché solo il funzionario viene colpito? Il funzionario non è a sua volta alle dipendenze di qualche capo sopra di lui? Che a sua volta dovrebbe fare capo ai vertici aziendali e al consiglio di amministrazione?”; presidente e direttore generale che fino ad ora si sono limitati a dichiarazioni e interviste dovrebbero stabilire in modo chiaro e uniforme il principio di responsabilità secondo cui senza tatticismi e rinvii dilatori, dentro e fuori l’azienda Rai, si possa chiaramente comprendere chi è responsabile di un certo programma e di una certa scelta, con quali motivazioni e per quali finalità. Tutto rischia invece di rimanere nell’ambiguità, con schieramenti di difesa o di attacco secondo gli schieramenti e il colore delle casacche di riferimento. E’avvenuto con l’improvvida intrusione da parte dell’onorevole Anzaldi, peraltro segretario della mai abbastanza bistrattata commissione di indirizzo e di vigilanza. Non si tratta ovviamente di non riconoscere il valore della critica e della proposta. Purtroppo la critica riguardava una discutibile valutazione dei tempi riservati dai telegiornali alle varie forze politiche e al governo. Il suddetto onorevole lamentava il poco spazio riservato alle forze di maggioranza rispetto a quella delle opposizioni. A parte la concezione proprietaria dei tg contenuta in questa posizione, si sarebbe dovuto imporre una diversa articolazione dei tempi, distinguendo più chiaramente tra il tempo concesso a Renzi, ministri e sottosegretari, i quali avevano un dovere istituzionale di partecipare al dibattito pubblico, senza però comprimere i tempi di intervento da riservare alla maggioranza negli stessi termini degli spazi dell’opposizione. E’ una concezione antica e sempre preoccupante perché non dovrebbero essere le misurazioni da bilancino da farmacisti e controlli fiscali e burocratici a determinare correttezza, pluralità ed autonomia dell’informazione. C’è un campo molto più serio e vasto in cui esercitare inventiva, creatività e onestà intellettuale, con il coraggio elementare di resistere a pressioni e tentativi di condizionamento a favore dei “proprietari del vapore”pubblici e/o privati.
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LA MEDIAZIONE E I DIRITTI CIVILI –
di NUCCIO FAVA –
E’ ripresa al Senato la sarabanda sulle cosiddette unioni civili. Specie sul delicato tema dell’adozione per le coppie gay. Argomento che ha già visto contrapposte le piazze arcobaleno e quella del family day che a prescindere dai numeri dei partecipanti che ciascuno cercava comprensibilmente di tirare a proprio favore, mostravano in ogni caso una società italiana profondamente divisa e contrapposta. Del resto anche le rilevazioni dei sondaggisti più autorevoli rappresentavano schieramenti sostanzialmente equivalenti con presenze trasversali e differenziate rispetto alla più generale collocazione politica.
Tutto questo dovrebbe aiutare a comprendere meglio la complessità e il carattere divisivo del tema. Talmente evidente che Grillo e Casaleggio, sorprendendo non poco gran parte degli stessi parlamentari grillini, annunciavano l’opportunità di un voto secondo coscienza. La sorpresa è stata grande un po’ da tutte le parti, non cogliendo l’astuzia tattica, anche elettorale, nella modificazione della scelta originaria del M5S, turbato e accusato di appoggio sostanziale alle posizioni del Pd. Inizialmente era parso che anche il Pd avesse previsto la libertà di voto sul tema dell’adozione. La posizione è evidentemente rientrata con la formula “andiamo avanti senza arretrare”sperando evidentemente sull’apporto di Verdini e dei suoi uomini, da sempre attenti osservatori e protagonisti delle battaglie per i cosiddetti diritti civili.
Ora “andare avanti e non indietreggiare”è una formula che può significare molto e nulla, indicando in ogni caso l’incapacità ad esprimere una qualsivoglia mediazione politica. Tanto più che l’alleato di governo aveva espresso con Alfano la tesi di stralciare dalla legge proprio la parte più contestata, quella delle adozioni. Ma il ministro Alfano che pure si era visto generosamente premiare nel rimpasto del governo, non è riuscito ad ottenere da Renzi assicurazione o risultato alcuno. Insomma Cirinnà batte Alfano 2 a 0, anche se bisognerà attendere gli ultimi minuti del match per comprendere come andrà a finire la partita.
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