di NUCCIO FAVA – Grande donna Tina Anselmi, sempre impegnata per il bene del suo paese. Di lei si ricordano i due ruoli più importanti : la prima donna ministro della Repubblica al dicastero del Lavoro, la presidenza della Commissione P2, la loggia massonica di Licio Gelli che aveva inquinato e corrotto la vita pubblica, i partiti, i vertici delle forze armate e dei servizi segreti. L’obbiettivo era di collocare adepti della P2 in tutti i settori chiave per corrompere, scambiare favori e prebende, influenzare il più possibile anche il governo della Rai e della carta stampata, con la conquista del quotidiano più importante, il Corriere della Sera.
La fatica e la bravura di Tina Anselmi furono di continuo ostacolate ma allo stesso tempo fu sostenuta costantemente da Nilde Jotti e Giovanni Spadolini, che avevano avvertito subito la gravità corrosiva per la vita delle istituzioni e della fragile democrazia italiana.
Le doti e le capacità politiche ed umane dell’onorevole Anselmi furono messe alla prova, con la tentazione, più volte affiorata, di lasciare l’incarico, di continuo intralciato da manovre e ostruzionismi di ogni genere. Fortunatamente dopo oltre tre anni di lavoro si giunse all’approvazione della relazione Anselmi che offriva al paese lo squallido spaccato di corruzione, manovre, favoritismi ed inquinamenti che avevano ammorbato la vita dell’Italia. Negli anni ’70 Tina Anselmi era stata due volte ministro: al Lavoro prima ealla Sanità poi, impostando la grande riforma del servizio nazionale.
Una tale capacità politica e di governo, impersonando in modo efficace e positivo il ruolo della donna in politica, non era naturalmente improvvisato ma si era maturato attraverso un lungo cammino di formazione. Ancora ragazza, nell’Azione Cattolica, aveva temprato il suo carattere su tre punti fermi : il valore della fede, l’amore per gli altri specie dei più deboli, il valore irrinunciabile della libertà e del rispetto per gli altri. Su questa base Tina Anselmi visse l’esperienza precoce di partigiana, staffetta in bicicletta per portare messaggi oltre le linee controllate dai nazifascisti negli ultimi tempi del regime, ancora più crudele e pericoloso. Il suo nome di battaglia era Gabriella, ma anche in famiglia e in Parlamento l’hanno tutti chiamata Tina.
L’Italia le deve molto. E tutte le donne dovrebbero coltivare il suo ricordo e la sua testimonianza in un momento così decisivo e tanto importante per tutti.
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