di NUCCIO FAVA – La politica italiana è sempre più confusa e carica di incertezze, non vuole e non sa rinnovarsi davvero. Riappaiono e vengono ripescate cose già viste e sentite in diretta tv, con il presidente del Consiglio dell’epoca che firma una sorta di contratto con gli italiani. Di fronte ad un conduttore partecipe e compiaciuto fino alla complicità, promette milioni di posti di lavoro, la realizzazione finalmente del ponte sullo Scilla e Cariddi. Tutti sappiamo come tali promesse siano andate a finire e chissà che fine hanno fatto quei due giovani calabro-siculi che quel sentimentalone di Silvio Berlusconi vedeva già affacciati sullo stretto dopo una romantica passeggiata lungo la nuova grande opera che tutto il mondo ci avrebbe invidiato. Stranieri di ogni paese sarebbero affluiti da ogni parte con grande vantaggio di Calabria e di Sicilia che avrebbero beneficiato della colossale opera: una immensa piramide per il nuovo faraone che sogna ad occhi aperti la realizzazione di un manufatto sempre vagheggiato. Solo i romani del secondo secolo a.c. hanno sperimentato un ponte di barche per far giungere in Sicilia gli elefanti, soldati e relative masserizie per contrastare i cartaginesi ai tempi delle guerre puniche. Per venire ad epoche più vicine, da Mussolini a Craxi, a Prodi ed al Cavaliere, tutti in qualche modo furono suggestionati da un progetto per collegare Calabria e Sicilia e realizzare un collegamento diretto tra le due sponde dello Stretto.
Fin da ragazzo ho trascorso periodi di vacanza tra Scilla e punta Faro, con formidabili pescate subacquee. Specie tra marzo e giugno barche veloci e ben attrezzate, con un agguerrito equipaggio di rematori, avvistatori dall’occhio lungo e abili fiocinatori percorrevano per intere giornate il tratto di mare prospiciente la costa messinese fino a Scaletta Zanclea e capo Alì e, sul versante calabrese, oltre Villa San Giovanni, Cannitello, Scilla e Bagnara. Noi ragazzi liceali attrezzati solo di maschera e pinne seguivamo emozionati la caccia improvvisa dopo l’affiorare del pesce spada, seguito dalle urla del capo barca issato su una traballante torretta, che indicava a rematori e fiocinatore il percorso da seguire per infilzare l’amatissima e odiata preda guizzante sulla superficie del mare. Le voci e le concitazioni degli equipaggi giungevano fino alla spiaggia dove gruppi di spettatori seguivano da vicino le complesse operazioni per la cattura. Il pesce spada una volta colpito dalla fiocina partiva a razzo mortalmente ferito, tentando di liberarsi dall’arpione e riconquistare il mare aperto. Scattava subito la seconda operazione, non meno delicata. Era chiamata “caloma” e consisteva nel dare più corda possibile al pesce spada in fuga senza strattoni e contraccolpi che avrebbero messo a rischio la stessa cattura. Le operazioni erano seguite con partecipazione non meno numerosa anche da riva con commenti competenti ed esperti che formulavano giudizi e pareri sulla bravura e i comportamenti dei diversi equipaggi. In quel contesto ho sentito per la prima volta l’espressione ”promessa da marinaio” usata per mettere quasi in guardia dalle bugie e dalle furbizie dei pescatori. Riguardavano non solo le manovre in mare, il peso e le dimensioni del pescato, il prezzo prevedibile fissato per i compratori. Talvolta gli stessi osservatori-tifosi intervenivano sul prezzo e in gruppo a spartirsi le trance rosate e freschissime delle prede.
Promesse da marinaio mi erano parse a suo tempo le dichiarazioni di Berlusconi e forse anche per questo mi hanno maggiormente colpito quelle del nostro segretario-presidente per rilanciare emotivamente e propagandisticamente questa “bufala” del ponte sullo Stretto accompagnata dalla promessa di centomila nuovi posti di lavoro tra Calabria e Sicilia. Anche la sede milanese in cui Renzi ha parlato era costituita dai principali vertici delle aziende di costruzioni con in testa l’importante gruppo della Salini, con cantieri presenti in tutto il mondo e capofila delle imprese che hanno realizzato il raddoppio del canale di Panama. Un cotè adeguato che non poteva però essere disturbato da qualche cenno ai costi e ai soldi già sperperati compresa la società dello Stretto per anni allocata in un bel palazzetto vicino a piazza Ungheria a Roma, finalmente sciolta con penali inevitabili che superano centinaia di milioni.
Ci sono poi i promessi centomila posti di lavoro, una piccola cosa in fondo, perché Berlusconi ne aveva promesso un milione. Ci avviamo su una strada pericolosa, un misto di demagogia e approssimazione velleitaria. Purtroppo le preoccupazioni per il referendum fanno compiere svarioni e ricorso a sistemi discutibili che possono solo ammorbare l’aria e certo non fare crescere il Paese.
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