PERISCOPIO/ Ma Giorgia Meloni non è Giovanna d’Arco

Nuccio-Fava-545x384di NUCCIO FAVA – Donne in mezzo al fiume cercando la salvezza
Avevo appena visto al Tg la carovana di aspiranti rifugiati affrontare le acque turbolente di un torrente nel tentativo di raggiungere l’altra riva. Molte le donne con bambino in braccio o sulle spalle, in equilibrio precario tra le onde . Non assistevamo ad un film d’avventura ma a scene realistiche di una condizione disperata. Del resto erano nei nostri occhi le immagini di quel bambino appena nato sotto una tenda immersa in un mare di pozzanghere. Il bambino veniva lavato con l’acqua piovana la sola disponibile e poi ripulito con la rimanenza di acqua di una bottiglia di plastica. Sono 244 milioni i migranti nel mondo secondo l’ultimo rapporto Onu del 2015. Tra loro molte le donne con figli piccoli o ancora in pancia , in fuga dal terrore e dalla miseria . Sono vittime e protagoniste di una testimonianza straordinaria che grida al mondo intero l’urgenza di una umanità più giusta e senza guerre.
Dopo pochi minuti nel “salotto” di Lilly Gruber prende corpo un singolare confronto dedicato al ritorno di Giorgia Meloni per una ricandidatura in extremis per il Campidoglio scompaginando ulteriormente il centro destra romano. Durante il family day c’era stato l’annuncio della sua gravidanza fatto dalla Meloni, che si dichiarò decisa a dedicarsi interamente alla maternità. Durante le recenti cosiddette “gazeberie”romane e i tanti pasticci intorno alla candidatura Bertolaso, però, la Meloni è riemersa vogliosa di mettersi al servizio della capitale d’intesa con Salvini. Come non bastasse c’è stata una uscita di Guido Bertolaso improvvida forse, ma artatamente deformata,  da alcuni media e da alcune e alcuni politicanti, e trasformata in invito alla Meloni a dedicarsi alla maternità e a lasciar perdere il Campidoglio.
Non è bastata a fermare la strumentalizzazione la correzione dello stesso Bertolaso e l’invio di un fascio di fiori all’alleata diventata avversaria. In aggiunta l’ex capo della protezione civile si è detto pronto a lasciare perdere la gara per il Campidoglio se intorno alla Meloni si fosse ricomposta l’unità del centrodestra. Non è cessato l’ambiguo e strumentale schieramento costituitosi a difesa della “dignità della donna”, del suo sacrosanto diritto a fare politica anche da madre e in gravidanza, tutti valori chiamati in causa in misura volutamente esagerata. Sull’onda di queste emozioni e di questo stato d’animo la presidente della Camera non si è lasciata sfuggire l’occasione per inserirsi con entusiasmo nero coro rischiando di apparire quasi una supporter della leader dei Fratelli d’Italia.
Al fondo il problema è tutto racchiuso nella rottura irreversibile del centrodestra con il grimaldello inserito (non si sa con quale preciso obiettivo) da Salvini.
Le conquiste, i valori e i diritti della donna non c’entrano molto perché vuole e può ignorare le difficoltà e gli ostacoli che le donne incontrano nelle attività lavorative e professionali ed anche in politica. Ma è giusto ricordare che non sono mancate presenze al femminile significative al tempo della Resistenza  e della Costituente. Basterebbe ricordare Lina Merlin e la sua battaglia contro le case chiuse, il ruolo di Nilde Jotti e la sua presidenza della Camera , Tina Anselmi prima ministro del lavoro e poi presidente della commissione P2. Lo stesso presidente-segretario del Pd  non ha certo sacrificato la presenza femminile nei vertici del partito e del governo. Indubbiamente l’analisi  risulterebbe superficiale e sbagliata se ci si acconciasse a sostenere che le donne italiane hanno conquistato condizioni di parità e di rappresentanza in politica come gli altri paesi europei. La strada da percorrere è ancora lunga. Non mi pare però che l’onorevole Meloni possa rappresentare, non dico la Giovanna d’Arco romana, ma nemmeno  la più contemporanea Marine Le Pen.

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