di NUCCIO FAVA – Non accennano a placarsi i toni della campagna referendaria. Mancano cinque mesi ma il clima si è già infuocato peggio che si fosse all’ultima settimana. C’è in questo, di sicuro, una responsabilità del premier-segretario, partito lancia in resta con una campagna porta a porta di appositi comitati di militanti del “SI”, in ogni centro, piccolo e grande, della penisola, con banchetti di propaganda anche al mare, in montagna, ai laghi.
Insieme a questa mobilitazione eccezionale – forse pari solo agli antichi confronti elettorali tra Pci e Dc – l’elemento più perturbante è stato sin dall’inizio una sorta di distribuzione manichea pregiudiziale tra buoni e cattivi, tra innovatori e retrogradi, tra conservatori e riformatori, schematizzando il tal modo da una parte i sostenitori del “SI”, dall’altra quelli del “NO”.
Elemento ancora più singolare la caratterizzazione ultra personalistica del voto, proclamato con enfasi come voto di fiducia sul presidente del Consiglio, pronto ad abbandonare la politica in caso di sconfitta. Per tutte queste ragioni la campagna referendaria è così fuori misura, oltre che partita comunque troppo presto.
Mentre la rissa referendaria imperversa sui nostri lidi – strattonando persino i partigiani, illustri costituzionalisti di diverso orientamento, padri nobili dei tempi della Costituente e della stagione remota della cosiddetta Prima Repubblica – da Vienna ci giunge un respiro di sollievo per la sconfitta di stretta misura dell’estrema destra xenofoba e ultra nazionalista. Appena un sospiro di sollievo però, accompagnato da una alta percentuale di votanti, di oltre il 72% e con uno scarto minimo tra i due candidati.
Gli appuntamenti con l’Europa in crisi dovrebbero costituire il principale terreno di lavoro, specie sul tema dell’immigrazione e dell’occupazione, che rappresentano la piaga maggiore nei singoli Stati. Nascono su questo terreno lo scontento e le paure, che si esprimono in atteggiamenti di sfiducia e di contrarietà nei confronti dell’Europa, alimentando populismi e pulsioni nazionalistiche.
Anche in Italia tendenze analoghe sono ben presenti e potrebbero riverberarsi pure nell’importante voto del 5 giugno per i sindaci.
Non si vive di solo Referendum. I cittadini, comunque sfiduciati e distanti, gradirebbero di sicuro molto di più delle proposte e delle risposte credibili per la soluzione dei tanti e gravi problemi delle loro città e dell’Italia.
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