di NUCCIO FAVA – Come quasi sempre accade, centra efficacemente il bersaglio Giannelli con la sua vignetta sulla prima pagina del Corriere della Sera: Renzi, Merkel ed Hollande, definiti conventicole per tre ordini monastici differenti. Renzi col saio francescano, la Merkel con l’abito bianco e il cappello a larghe falde come assistente ospedaliera in un campo di battaglia, Hollande infine con un saio bianco e nero come i domenicani, dottori sottili della chiesa universale. Tutti e tre hanno una espressione compunta come si addice a momenti difficili. Il commento di Giannelli è lapidario: “Vogliono tutti recuperare voti nel proprio paese” (dove si annunziano prove non facili per i prossimi appuntamenti elettorali).
C’è stata del resto di recente l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea ed è vicino il referendum in Ungheria, che fa temere un esito scontato analogo politicamente alla Brexit e che potrebbe comunque rafforzare le tentazioni anti-euro di politici come Marina Le Pen e Matteo Salvini. Movimenti anti europei e richieste di politiche contro l’immigrazione serpeggiano sempre più numerose e rumorose in Europa a cominciare dalla Germania. Un segno evidente si è avuto nel recente voto della regione di Berlino contro la Merkel, soprattutto per la sua politica migratoria verso i siriani. La Merkel ha rapidamente fatto “autocritica” pur riconfermando le linee di fondo della sua politica in Germania ed in Europa mostrando con chiarezza di avvertire tutta la pericolosità per l’avanzata dell’estrema destra e degli estremismi.
Anche Renzi soffre gli scricchiolii della sua politica, con riflessi negativi all’interno del Pd e non solo, anche se il rinvio della Consulta gli può essere utile per alleggerire le difficoltà che solo la sua ministra per le riforme sembra non vedere. Da Renzi però nessuna autocritica tipo Merkel, nella convinzione di avere sempre operato per il meglio. La situazione dell’economia e i nodi del lavoro sono lontani dall’offrire una prospettiva di contrasto efficace. La percezione che settori non limitati dell’opinione pubblica hanno nei confronti della valanga migratoria insieme all’occupazione e alla crescita che non decollano, sono sicuramente piaghe che alimentano in vario modo reazioni populiste e anti-Europa anche nel nostro paese. Non è il termine populista però che può esorcizzare i problemi, anche con riferimento ai 5 stelle. Il fenomeno è molto più complesso e riguarda soprattutto le mancate risposte politiche ai problemi della crescita e dell’occupazione, che continuano ad angustiare il paese specie nei settori più deboli e dei giovani e delle loro famiglie. Il populismo insomma si alimenta soprattutto dalla mancanza di risultati concreti sui temi principali dello sviluppo, soprattutto in una Italia, che almeno da 15 anni è ferma e non mostra segni confortanti di ripresa. Anche le belle parole, le promesse e gli entusiasmi, che non trovano però effettivo riscontro, non scaldano i cuori dei cittadini che abbandonano la politica o l’accusano di ogni corruzione e ruberia. Lo sbocco finisce per essere inesorabilmente l’antipolitica contro la mala politica, l’astensionismo diffuso o la scelta a favore di movimenti e di personalità alternative, come per la vittoria dei 5 stelle a Torino e Roma.
Quello del populismo resta però fenomeno complesso e di difficile lettura, ma chiaro nel suo significato politico di rifiuto delle classi dirigenti al governo nei diversi paesi. Scavalca del resto l’Atlantico e assume contorni analoghi anche negli Usa, evidente nei toni della campagna per la Casa Bianca. Il fenomeno Trump è frutto sicuramente di demagogia e volgarità, che però hanno trovato larga comprensione durante le primarie nonostante riserve e preoccupazioni esplicite manifestate all’interno del partito repubblicano. Si potrebbe dire comunque che Trump ha fatto breccia in molti cittadini che si sentono esclusi e che vorrebbero dare una lezione severa ai politici di Whashington. Purtroppo la candidata dei democratici non appare portatrice di una qualche proposta di rinnovamento e di iniziative rinnovatrici. Sarà in ogni caso una sfida della quale non sarà facile prevedere l’esito e si rischia di avere una America più debole e meno influente. Anche negli Usa insomma il populismo avanza e la sua definizione resterà imprecisa e difficile; tuttavia racchiude il tentativo di comprendere i sommovimenti in atto al di là e al di qua dell’Atlantico e i rischi che potrebbe comportare tanto in politica estera che in politica interna, con riflessi preoccupanti per la difficile condizione geopolitica del mondo.
penso che sia un errore spiegare l’avanzata dei “populismi” solo come conseguenza della crisi economica. Credo che il voto populista contenga in se, non espressa correttamente, una più generale istanza di partecipazione, credo che sia il grido disperato di tutti quelli che sono o si sentono esclusi dai processi decisionali della nostra società. Non rimpiango le “sezioni di partito” DC, PCI, PSI, ma in quei contesti ciascuno, ricco o povero, colto o meno colto, poteva credere che la sua parola, il suo pensare contribuissero alla vita democratica.