di SERGIO SIMEONE* – Il cinismo di Matteo Renzi è davvero rivoltante. Il capo di Italia Viva ha taciuto mentre Conte – alla luce della rapida impennata dei contagi, che faceva apparire all’orizzonte lo spettro della vicina Francia, che sembra avviarsi verso i centomila contagi giornalieri – preparava il nuovo DPCM, cercando un difficile e sofferto punto di mediazione tra le richieste dell’Istituto superiore della Sanità e quelle di ministri (tra i quali anche quelli di Italia Viva), Regioni, Comuni e rappresentanti di categorie.
Solo dopo che il provvedimento è stato varato Renzi lo ha aspramente criticato chiedendone la revisione. E lo ha fatto mentre il governo è in difficoltà perché si trova a fronteggiare il malcontento (comprensibile) delle categorie danneggiate, che si esprime in manifestazioni di piazza nelle quali si sono infiltrati fascistoidi, ultras ed elementi della malavita che vandalizzano le città e attaccano le forze dell’ordine con chiari intenti eversivi.
Insomma, al confronto col politico fiorentino, Giuda Iscariota appare tutto sommato una persona perbene. I “trenta denari” a cui mira Renzi sono ovviamente i consensi delle categorie danneggiate dal DPCM, che, se conquistati, gli permetterebbero di schiodarsi da quella irrilevanza del suo partito segnalata dai sondaggi e confermata dalle recenti elezioni regionali.
Ancora una volta però il capo di Italia Viva ha fatto male i conti perché sulla stessa preda si è avventato un altro soggetto che quanto a scelleratezza rispetto al contrasto al virus può vantare un curriculum ben più solido del suo: quel Matteo Salvini che in tante occasioni si è rifiutato di indossare la mascherina, ha più volte lisciato il pelo ai negazionisti e, riguardo al DPCM, ha dichiarato che sta preparando un ricorso al TAR per farlo annullare (altro che modificarlo, come ha chiesto ”blandamente“ Renzi !). Naturalmente il capitano, per buon peso, non ha mancato di aggiungere qualche proposta grandiosa ma irrealizzabile, come quella di far fare i tamponi a tutti a domicilio.
Come è facile capire, la lotta tra i due Matteo è impari ed il fiorentino avrà ancora una volta portato acqua al mulino del centrodestra senza averne tratto alcun vantaggio.
*Sergio Simeone, docente di Storia e Filosofia, è stato anche della Cgil
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