PERISCOPIO/ Referendum e rottamazioni di ieri e di oggi. Renzi impari da Moro e da Fanfani (ma anche da Totti)

Nuccio-Fava-545x384di NUCCIO FAVA –

Un bar pasticceria offre a prezzi stracciati tiramisù e gelati per festeggiare i quarant’anni di Francesco Totti e della sua straordinaria carriera. Il grande pubblico, non solo i romani, conoscono molto più le imprese di Totti, che gli articoli della Costituzione che sono oggetto del referendum.                                                                                                               Si è aperta infatti ufficialmente la grande sfida, avendo stabilito finalmente il governo la data per il 4 dicembre. Ci sarebbe già da essere critici sulla scadenza così lontana, con il rischio di favorire ulteriore confusione, scontri e sceneggiate specialmente in tv, e di concentrare da una parte e dall’altra il confronto tutto su “Renzi Si” – “Renzi no” snaturando quella che dovrebbe essere il vero oggetto della consultazione.

Forse nessuno è senza colpa per i rischi derivanti da una tale schematizzazione. Certamente però le maggiori responsabilità ricadono sul segretario-presidente. Per primo ha personalizzato lo scontro facendo intendere che era in gioco lo stesso governo fino al suo ritiro dalla vita politica. In Gran Bretagna David Cameroon dopo la vittoria della Brexit ha lasciato la carica di premier e si è dimesso anche da parlamentare. Renzi parlamentare non è, ma l’eccesso di mobilitazione e personalizzazione può provocare brutti scherzi e riservare sorprese dolorose. Per fortuna però noi siamo italiani e le cose vanno diversamente che in Gran Bretagna. Poi c’è già stata la novità delle scuse offerte da Renzi per avere troppo personalizzato la battaglia referendaria, riservandosi ovviamente più vie di uscita per il suo futuro.                                                                                                                                        Non assisteremo ad un ritorno sull’Arno, magari a studiare e approfondire i vari passaggi della sua ascesa politica espressa non solo in Italia ma con giovanile baldanza anche in Europa e in giro per il mondo.                                                                                Del resto anche i primi quarant’anni non finiscono necessariamente con il pensionamento anticipato ma possono portare ancora frutto in abbondanza anche per Renzi. La lezione di Totti può essere esemplare all’opposto di chi subisce tentazioni di abbandono e di fuga: dopo di me il diluvio. Forse non sarà facile per un teorico della rottamazione che può rischiare però di ritrovarsela contro.

Nello sport in effetti la rottamazione – se così vogliamo chiamarla – avviene inesorabilmente con l’avanzare degli anni anche per gli atleti più prestigiosi. Non così politica: basta ricordare Churchill, De Gaulle, De Gasperi, Adenauer, Togliatti e Andreotti. Anche da anziani e da vecchi i politici possono offrire un contributo importante nella vita della società e delle istituzioni, per un loro miglioramento, come richiedono lo scorrere del tempo e l’emergere di nuovi problemi.

Ricorderò sempre l’intervento di Aldo Moro in un drammatico consiglio nazionale della Dc dopo la sconfitta nel referendum sul divorzio che Fanfani aveva promosso e propagandato su tutte le piazze d’Italia. Il segretario Fanfani si presentò dimissionario in modo irrevocabile e la Dc rimase paralizzata per alcuni giorni, ben oltre il tempo stabilito per la naturale conclusione dei lavori.

L’altro “cavallo di razza”, Aldo Moro, veniva in qualche modo accusato di non essersi mobilitato abbastanza e di essere anzi apparso tiepido ed incerto. Nel suo intervento, il leader democristiano sostenne che movimenti di opinione e sensibilità nuove venivano maturando nella società e che in particolare su certi temi delicati, come il divorzio, la politica avrebbe dovuto fare un passo indietro, operare con più discrezione e rispetto, di fronte a temi e problemi legati a valutazioni e giudizi personali e profondi che riguardavano al fondo la coscienza di ciascuno, ben oltre gli steccati partitici e gli schieramenti consolidati.

Le posizioni dei due “cavalli di razza“ – anche se in altre occasioni importanti come la scelta del primo governo organico con i socialisti di Nenni – non riuscivano però a trovare un punto di convergenza e di mediazione sul giudizio sul dopo referendum. Fanfani mantenne le sue irrevocabili dimissioni e, alla fine, Benigno Zaccagnini venne eletto nuovo segretario, aprendo una stagione percepita come la più feconda per il rinnovamento e il ricambio nel partito. Nessuno pensò di rottamare Fanfani, che a suo modo proseguì a seminare l’Italia assumendo anche la responsabilità di presidente dell’Onu, lungo la forte ispirazione di Giorgio La Pira.                                                                                                                                                                        Sono fatti lontani e nulla si ripete meccanicamente nella vita dei popoli. C’è però sempre la possibilità di riflettere e di cogliere una qualche lezione per valorizzare ed arricchire l’esperienza di noi contemporanei alla ricerca di preziosi disegni di avanzamento e di progresso.

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