di NUCCIO FAVA – Il referendum del 17 aprile, definito ormai comunemente “delle trivelle”, ha modificato abbondantemente il suo reale contenuto e accresciuto però la sua importanza politica a seguito delle complesse e gravi vicende collegate alle inchieste della Procura di Potenza e della Direzione Nazionale Antimafia. Ne è nato un forte corto circuito mediatico che addirittura ha assunto in qualche modo i connotati di uno scontro magistratura-governo di cui non si sentiva assolutamente il bisogno.
Far diventare l’azione doverosa della magistratura elemento di battaglia politica e di confronto pericoloso tra due poteri dello Stato (entrambi nella loro fondamentale autonomia, insieme al potere legislativo articolazioni essenziali della statualità del regime democratico) è dannoso per ciascuno di essi e per il funzionamento dell’insieme della società. Tanto più se i mass-media, nella loro legittima funzione di garanzia democratica verso l’opinione pubblica, rischiano di esasperare – specie in alcuni casi – aspetti quasi morbosi delle vicende sottoposte alla loro indagine. Si pensi in particolare al rilievo assunto nelle ultime ore addirittura dalle vicende sentimentali, come chiamarle altrimenti, dell’ex ministra Federica Guidi e del suo, a questo punto, ex fidanzato al centro dei traffici e dei ripetuti tentativi di influenza affaristica.
Anche il governo ha però la sua parte di responsabilità per avere ad un certo punto assunto nella persona del premier-segretario ogni responsabilità in prima persona, “sfidando” nella sua foga protagonista i giudici ad interrogarlo personalmente e a concludere rapidamente con le sentenze i procedimenti di illegalità rappresentati. Forse resta sostanzialmente estranea la ministra Maria Elena Boschi, la quale si sarebbe fatta tramite solo tecnicamente dell’atto relativo alla presentazione del famoso emendamento approvato al Senato all’alba di un faticoso dibattito parlamentare. Ne deriva un complicatissimo guazzabuglio contro il quale si sono schierate tutte le opposizioni con la richiesta della sfiducia al governo. Si è distinto in particolare, con il suo stile e le sue modalità di lotta senza quartiere, il Movimento 5 Stelle, con una asprezza senza precedenti fino alla querela da parte del Pd, per le accuse molto gravi e pesanti.
Difficile non vedere in tutto questo una lacerazione pericolosa del quadro democratico e il rischio, non tanto di una caduta del governo Renzi, ma certo di un suo indebolimento e logoramento. La stessa promessa di una eventuale estensione degli ottanta euro alle pensioni minime rischia di apparire una promessa demagogica per spostare l’attenzione su una materia economico-sociale che i recenti dati dell’Inps hanno messo in evidenza nella loro gravità.
Nella presente congiuntura domina anche il tema della sostituzione dell’ex ministra Guidi. Il presidente del Consiglio ha assicurato che la scelta sarà compiuta entro questa settimana e, naturalmente, la proposta dovrà essere formalizzata al capo dello Stato.
Tutta una serie di passaggi e di problemi che sono altrettanti elementi di travaglio per l’intera maggioranza e che rappresentano per l’intera opinione pubblica una qualche delusione rispetto alla fase pimpante che il governo Renzi aveva segnato all’inizio della sua esperienza. La conseguenza non è tanto la caduta del segretario-premier quanto un suo progressivo appannamento prima che vi sia ancora una soluzione valida da contrapporgli.
Commenta per primo