Per una settimana ho davvero riposato sul lago di Garda di fronte alla penisola di Sirmione e alle grotte di Catullo. I luoghi mi sono familiari, visitati spesso anche per ragioni di lavoro e, quando possibile, per trascorrere una serata all’Arena di Verona. Ricordo ancora un incontro importante a Valeggio sul Mincio tra il cancelliere tedesco Smith e il presidente italiano Andreotti. Confronto non facile dopo la fuga dall’ospedale militare del Celio del generale Kappler, nascosto in una poderosa valigia con la complicità della moglie e l’esperienza di militare nazista. Con la sua ben nota abilità andreottiana il presidente del Consiglio chiarì il grave episodio e la situazione si avviò a migliorare e a normalizzarsi in breve. Sulle sponde gardesane, credo in un albergo o villa privata dalle parti di Salò, ci fu un incontro riservato con Kohl, Mitterand e l’Italia seppe favorire la ripresa e il rilancio del dialogo franco-tedesco, con vantaggio per tutta l’Europa.
Personalmente non sono mai stato andreottiano, vicino sin dall’università – da aderente alla Fuci – ad Aldo Moro, per il quale “tifavamo” tutti noi fucini. Ne marcavamo la distanza definendo goliardicamente Giulio Andreotti cattolico praticante e abituale frequentatore di prelati e di papi. Chiamavamo il divo Giulio “un cinico con venature cristiane”. Scherzando fino ad un certo punto replicava ai tanti critici con la formula “la politica dei due forni “ e l’esilarante battuta in tv “il potere logora chi non ce l’ha”. Eppure ha sostenuto con dignità il tormento del lungo percorso giudiziario con l’accusa di essere il mandante dell’omicidio del giornalista dei servizi Pecorella e l’accusa infamante di essere implicato, se non il regista, in orrende pagine della storia di mafia in Sicilia. Non ha però mai perduto riconoscimenti e stima sul piano internazionale, conservando influenza autorevole in Urss e in Usa.
E’ stato protagonista con Craxi dell’orribile pastrocchio di Sigonella senza cedere all’imperio di Reagan che pretendeva la consegna di Abu-Abbas. Personaggio complesso e a forti tinte insomma ma con movenze ed eloquio pacato e riservato e con un senso della concretezza e della misura invidiabili. Rischio di farmi prendere la mano, ma intendo chiarire che non mi sono mai sognato di suggerire a Renzi di imitare Andreotti. Già nel fisico sono molto diversi e diverso è il modo con cui siedono e si esprimono nei tanti salotti tv che hanno frequentato. Elemento dirimente comunque l’ostacolo insuperabile della scomparsa da tempo della Balena bianca così cara a Giampaolo Pansa. In ogni caso non c’è alcun rischio perché senza la Democrazia Cristiana un personaggio come Andreotti non è immaginabile.
Posso aggiungere che la politica dei due forni Matteo Renzi l’ha praticata sin dall’inizio e continua a farlo con grande spregiudicatezza: il cosiddetto patto del Nazareno e il suo disinvolto abbandono fino all’operazione Verdini e forse meno grave il tentativo di surrogare i rischi di maggioranze risicate e di voto segreto con l’aggancio dei grillini e di Sel. Per il resto il governo tenta di procedere sempre con speditezza e fin troppa disinvoltura quasi che rapidità e proclami sui programmi futuri fossero una soluzione. Analogo il metodo e i confronti dell’Ue e la virulenza della polemica con Junker e la stessa Merkel. Forse però c’è qualche segno di resipiscenza. Per la prima volta al Senato ha parlato senza mani in tasca e leggendo almeno a tratti un testo senza le sceneggiate a braccio. Anche sull’Europa ha smorzato almeno i toni anche se le difficoltà restano ardue.
Bisogna dialogare e creare alleanze e consenso perché l’Europa non si fa da sola ma con la costanza dell’impegno e la chiarezza delle idee sul futuro del suo ruolo e della sua funzione insostituibile. Renzi fino ad ora ha brillato per disinvoltura e brillantezza di eloquio, per abbondanza di proclami mentre gravi questioni restano incompiute: lavoro, giovani,sud, qualità della scuola e dell’università. Sono tutte questioni che necessitano di un efficiente quadro europeo di riferimento e di messa in campo di politiche adeguate e condivise.
Non basta fare il galletto nel pollaio né formulare con leggerezza reazioni e polemiche che ci fanno meno ascoltati e influenti anche se potremo consolarci” l’avevamo detto prima noi, ma non siamo stati ascoltati”ignorando che l’ascolto e la proposta sono due facce della stessa medaglia e che sarebbe una ben magra consolazione anche avere interamente ragione, ritrovandosi però interamente soli in una Europa più debole e sconfitta.
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