di NUCCIO FAVA – Di fronte ai grandi conflitti che dilaniano il mondo, la tragedia dei terrorismi e la piaga inesorabile delle emigrazioni, appare quasi futile occuparsi di Olimpiadi o meglio della sede del loro svolgimento. Nell’antica Grecia la celebrazione dei giochi e la loro importanza erano tali da far interrompere la guerra e riconoscere il valore sacro di un confronto che doveva essere solo sportivo tra uomini leali e coraggiosi. Molto tempo dopo pur ricorrendo l’anno centenario delle Olimpiadi moderne volute da De Coubertin si scelsero gli Stai Uniti per il loro svolgimento, ad Atlanta e non Atene, sotto la spinta invincibile di sponsor potenti, per accaparrare giganteschi diritti tv , con il forte interessamento della Coca Cola. La vicenda romana dei nostri giorni ha purtroppo del grottesco e non è facile comprenderne con chiarezza le ragioni. Il No di Grillo era risaputo, mentre la neo sindaca si è trascinata per un tempo forse eccessivo, fino all’utilizzazione di un metodo che ha messo a rischio addirittura la buona educazione. Superficiale e liquidatoria la risposta data da ultimo dalla Raggi: ”Non voglio l’Olimpiade del mattone, della cementificazione di Roma, fonte di ruberie e di corruzione”.
Timori sacrosanti ma conditi anche da aspetti superficiali e demagogici. Tanto più che c’era ancora da misurarsi con altre città concorrenti come Parigi, Los Angeles e forse con l’aggiungersi di Budapest.
Roma è stracarica di problemi che lo svolgimento di una Olimpiade avrebbe aggravato di ulteriori pesi insopportabili. Del resto la posizione negativa di Grillo era ben nota da tempo e risultava inimmaginabile una scelta diversa da parte del sindaco di Roma. Non è stato comunque edificante se non indecente il modo di rapportarsi con il Coni e, in fondo, con lo stesso governo.
Non ci sono stati però solo gli errori della Raggi. Anche il comitato organizzatore ha ostentato un eccesso di sicurezza: la scelta di Roma sembrava già cosa fatta e acquisita e non potesse pertanto essere rifiutata. Già all’inizio delle recenti olimpiadi in Brasile, la delegazione italiana brillava per la presenza esultante del nostro presidente del Consiglio vestito con la tuta degli atleti italiani, avvolto in un tricolore quasi a ricevere il cambio di staffetta per l’olimpiade a Roma nel 2024. Errori dunque non sono mancati, ma la responsabilità maggiore ricade sulle spalle della povera sindaca. Appare comunque inadeguato e in certa misura demagogico il suo chiamare in causa i gravi problemi che affliggono Roma da troppo tempo e che una olimpiade potrebbe solo accrescere e rendere più gravi. La Raggi è stata eletta a furor di popolo per affrontare con urgenza ed efficacia i grandi mali della capitale. Compito duro, come mostrano le prime decisioni, anzi le non scelte sin dal completamento di una giunta tuttora a ranghi ridotti. Il rifiuto per le Olimpiadi rischia di sottolineare ulteriormente una difficoltà di fondo circa la capacità di governare e di affrontare le situazioni e problemi. Specie con quella trasparenza promessa in campagna elettorale, di fronte al rischio di perpetuarsi di una corruzione diffusa e finalmente venuta alla luce grazie alla Procura di Roma.
Certamente grandi opere, finanziamenti nei diversi settori e per le società comunali della mobilità e della raccolta dei rifiuti, hanno favorito malaffare e corruzione, ruberie grandi e piccole. Proprio l’esistenza di una situazione così ardua e difficile, se non affrontata adeguatamente o schivata con un no come per le Olimpiadi, rischia di tradursi inconsapevolmente in autolesionismo, che danneggia la città ma anche la stessa Raggi e le speranze dei cittadini romani. Il grande impegno che sicuramente avrebbe richiesto la preparazione delle Olimpiadi perché dovrebbe risultare incompatibile con l’azione di pulizia e rinascita della capitale che tutti riconoscono indispensabile? Non avrebbe potuto al contrario rappresentare un ulteriore stimolo per affrontare al meglio la questione drammatica di Roma? A meno che la Raggi non intuisse che il Cio non avesse intenzione alcuna di affidare a Roma, visto anche il calibro dei concorrenti, l’onore e l’onere delle Olimpiadi del 2024. Saremmo però nel campo della chiaroveggenza e tutto resta più oscuro ed amaro, forse non solo per i romani ma per tutti gli italiani. In ogni caso il danno per la politica resta evidente, con l’ulteriore crescita della confusione, dell’incertezza, della scarsa trasparenza che sono i grandi tarli della vita democratica.
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