di FABIO CAMILLACCI/ Partiamo da un assioma: Walter Sabatini è il più grande uomo mercato italiano, ma fare il direttore sportivo di una squadra di calcio è un’altra cosa. Lo scriviamo da tempo su Altroquotidiano: l’anarchia che regna in casa Roma è anche colpa di Sabatini (come del resto della dirigenza) che non ha polso per seguire quotidianamente un team. Il ds infatti non deve saper fare solo il mercato, ma, deve essere bravo a mettere in riga i calciatori quando le cose non vanno. Sabatini “re delle plusvalenze”, “re del mercato italiano”, punto. Dopo aver ufficializzato le sue dimissioni, annunciate da tempo, in conferenza stampa sono andate in scena le verità di Walter Sabatini, i suoi ricordi, i suoi rimpianti: “La Roma non è stata parte della mia vita, è stata la mia vita. Non sono riuscito a vincere e questo me lo porterò dietro, ma conservo una piccola speranza che questa squadra e questo perfetto allenatore riescano a fare qualcosa di imprevedibile e sbalorditivo, vincendo lo scudetto. In quel caso, sentirò mio il successo”.
L’addìo dopo un lustro. Walter Sabatini ha aperto una conferenza stampa fiume (è durata un’ora e mezza con tanto di pausa sigaretta) dicendo: “Da oggi sarò disoccupato ma spero di tornare subito a lavorare”. Davanti a Bruno Conti, Tempestilli, Baldissoni e molti dipendenti di Trigoria, ha aggiunto: “Niente sarà più come prima, la Roma renderà opaco tutto il resto. Vado via perché sono cambiate le regole, il presidente e i suoi collaboratori puntano su altre prerogative, adorano la statistica e cercano algoritmi vincenti, io mi fido del mio istinto e della mia fantasia. Il pallone è il mio universo, devo poter fare il mio calcio. A volte mi confondo e magari prendo Piris, per dire, che non era un giocatore da Roma, ma ora verrò sostituito da una struttura”. A tal proposito, ecco quando ha deciso di andar via: “Avevo preso un giocatore e l’ho perso perché mi è mancata l’arroganza di insistere anche perché c’era una grossa commissione e non sentendo la fiducia ho perso l’attimo fuggente (forse Boye del Torino, ndr)”.
La vendita di Lamela il suo grande cruccio. Totti da premio Nobel ma “tappo” della Roma. L’ex d.s. giallorosso ha rivelato: “Detto che vendere Lamela mi ha ucciso, ma poi ne ho preso uno che ritenevo più forte (Iturbe, ndr), Totti è una questione quasi sociologica, io gli darei il Nobel per la fisica viste le traiettorie o le parabole che fa, o un pallone d’oro solo per lui. Le sue giocate non sono riproponibili. Ha rimesso in discussione Keplero, ma è un tappo, la sua luce abbagliante oscura tutto il gruppo, vista anche la curiosità morbosa che c’è su di lui. La sua presenza comprime la crescita del gruppo. Tutti fanno fatica a staccarsi da lui”.
Rivoluzione culturale fallita. Sui suoi errori, Sabatini spiega: “Certo che ne ho fatti, cinque anni fa parlai di rivoluzione culturale, questo è il mio vero fallimento. Ho reso la Roma un’insidia per tutti, ma qui bisogna pensare alla vittoria come una necessità, non come una possibilità. Qui c’è gente che sa quello che fa, in questi 5 anni è mancata la convocazione al Circo Massimo della città di Roma. In alcuni momenti ho pensato che sarebbe successo, è rammarico e frustrazione, non sono arrabbiato, ma ho una tristezza cupa e irreversibile. Sono sereno però, perché ho fatto il massimo, non mi vergogno di questa Roma”. Che però ancora non riesce a crescere del tutto: “Quando migliorano i giocatori esiste un problema di stipendi insormontabili, dobbiamo tenerne conto”. Come a dire: i giocatori buoni li ho portati ma quando si sono affermati siamo stati costretti a venderli perchè corteggiati da “top club” pronti a ricoprirli d’oro. Impossibile trattenerli per non aggravare il bilancio della società.
Lui “etrusco”, Pallotta imprenditore che guarda ai numeri e ai conti. Sul presidente giallorosso Sabatini è stato chiaro: “Sa che cosa è la Roma e sa che la passione andrebbe incentivata, è una questione culturale, lui è un imprenditore americano, allegro, incline alla statistica (il braccio destro di Pallotta, Alex Zecca ama scegliere i calciatori attraverso un software speciale ndr), io sono un europeo crepuscolare, o forse sono un etrusco. Per lui il calcio è un’azienda, per me no, pur nel rispetto ci sono stati conflitti chiari ed evidenti. Milan ed Inter vorrebbero essere la Roma, siamo incappati in un ciclo straordinario della Juventus e non siamo stati fortunati”.
Capitolo Nainggolan e non solo. Sabatini ha poi affrontato altri temi, eccoli: “Nainggolan non avrà un adeguamento dell’ingaggio, ma dei bonus in base alle prestazioni e stiamo negoziando. I calciatori però si devono rendere conto che con l’addio alla Champions League sono venuti meno alcuni presupposti. Massara che prenderà il mio posto per ora è competente, sensibile, grande professionista. Baldini viene descritto come un massone dannoso, idem Baldissoni, che viene descritto come un avvocato arrogante o un giocatore di calcetto, non è così. Per alcuni è meglio che la Roma sia debole, almeno i latrati a pagamento possono arrivare. Il ruolo di Franco Baldini lo spieghino lui o Pallotta, ma è un grande acquisto per la Roma”.
Battute finali con toni accesi. A proposito della squadra smontata ogni anno e alle commissioni, Sabatini ha detto: “Mi è stato chiesto di far quel tipo di mercato, perché siamo ancora un po’ più deboli degli altri. Nell’ultimo mercato abbiamo rinforzato la difesa perché centrocampo e attacco andavano bene. Abbiamo dovuto fare certe scelte anche per la pressione che abbiamo addosso della Uefa. Non credo di aver fatto danni nel mercato, però ammetto che è mancata la continuità. Le commissioni funzionano così, si acquistano giocatori e allora io pago per comprare qualcuno. Le sconfitte sono le mie, non attacco nessuno, solo alcuni individui. Ma voi – urla rivolto ai cronisti in sala – dite ai tifosi che la Roma che qualche cazzata la fa, ma è una società onesta. Così come onesto e leale sono stato io in questi anni”. Walter Sabatini: brava persona, “re del mercato italiano” ma fare il d.s. è un’altra cosa.
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