Si è svolto a Napoli il Summit Mediterraneo Sanità, che il vice sindaco Raffaele Del Giudice ha definito un’occasione importante di approfondimento di alcuni temi e soprattutto per ribadire la necessità di sbloccare più personale e fornire più mezzi alle strutture ricettive. Hanno portato i loro saluti anche Joseph Polimeni , commissario alla Sanità della Regione Campania, e Enrico Coscioni, consigliere del presidente della Giunta Regionale per i temi attinenti alla sanità, con delega ai rapporti con gli organismi regionali e del governo in materia di sanità, Regione Campania.
Polimeni ha affermato che bisogna fare un’inversione di tendenza perché si ha ancora un approccio troppo attendista, occorre metodo e una programmazione di lungo periodo non solo sull’aspetto strutturale della rete ospedaliera, ma anche sull’aspetto qualitativo e della riorganizzazione del personale con una riprogrammazione delle attività in accreditamento, delle liste di attesa e del budget per i convenzionati: tutte questioni di cui si sta già occupando l‘organizzazione commissariale della Campania.
Coscioni a sua volta ha fatto notare che “si spendono circa 400 milioni di euro l’anno di mobilità passiva e i soldi che noi paghiamo sarebbe meglio reinvestirli sul territorio campano migliorando servizi e assistenza. Un altro problema gravissimo è quello dei pronto soccorso: le lunghe attese sono all’ordine del giorno. Cerchiamo di ridurre questo afflusso enorme, perché il 75% delle persone che ci vanno, oltre ad arrivarci con i propri mezzi, sono per lo più codici bianchi e codici verdi”.
Giuseppe Rosato, presidente Federsanità ANCI Campania, ha ulteriormente spiegato che le reti cliniche specialiste vivono un momento di grande impatto e per soddisfare le esigenze dei cittadini, hanno bisogno di struttura e di grande capacità organizzativa. La riduzione della mobilità passiva si può ottenere solo se si investe sulle eccellenze: “parliamo di circa 300 milioni all’anno che regaliamo alle aziende di altre regioni”. C’è chi definisce il fenomeno della mobilità passiva un fenomeno “negativo” e chi sotto certi punti di vista lo definisce “positivo”, distinguendo tra i vari tipi di mobilità come Federico Spandonaro, professore aggregato presso l’Università degli studi di Tor Vergata, presidente di CREA Sanità, per alcune patologie complesse, se i pazienti si concentrassero in centri di eccellenza per ricevere prestazioni di alta specialità, sarebbe un fenomeno che andrebbe incentivato, per implementarne l’efficacia e conseguentemente l’efficienza.
“Occorre un Piano nazionale per disciplinare la mobilità sanitaria – afferma Giuseppe Zuccatelli, presidente di Agenas – La mobilità è un fenomeno in crescita, i cittadini che si spostano dalla propria Regione per curarsi in posti differenti valgono, dal punto di vista finanziario, circa 3,8 miliardi di euro. Le cifre ci dicono che i saldi negativi sono presenti soprattutto nelle Regioni in Piano di rientro, quindi principalmente al Sud”.
Anche il presidente di Federsanità ANCI e direttore dell’Istituto Superiore di Sanità, Angelo Del Favero, è intervenuto nella prima giornata di lavori affermando che da sempre Federsanità Anci contribuisce attivamente al processo di aziendalizzazione dei servizi sanitari locali ed ha interesse a promuovere, presso la rete delle Aziende sanitarie associate, la possibilità di attrarre pazienti dall’estero, per garantire almeno i medesimi flussi economici dei pazienti italiani che si curano all’estero.
La situazione calabrese è stata invece descritta da Riccardo Fatarella, dirigente generale del Dipartimento Tutela della Salute e Politiche Sanitarie Regione Calabria, che ha riportato alcuni dati del 2014 della spesa sanitaria corrente in tutta Italia, calcolata al netto della mobilità passiva, che è stata di circa 113 miliardi di euro, pari a 1.854 euro pro-capite. Sono i lucani a optare, in maniera più rilevante rispetto agli altri, per cure in strutture sanitarie fuori dai confini regionali. La Lombardia, con il 4,6%, registra invece il rapporto minore di ricoveri fuori regione. La Toscana spende 1.834 euro, mentre la Calabria 1.700.
La seconda giornata di lavori, dedicata alle malattie cronico-degenerative, è stata aperta da Angelo Del Favero ricordando che i farmaci innovativi sono i nuovi protagonisti delle terapie, soprattutto in campo oncologico e riportando il concetto espresso dall’Organizzazione mondiale della sanità: “il prezzo dei nuovi farmaci dovrebbe essere legato al loro valore aggiunto, rispetto ai trattamenti disponibili”. “La prevalenza delle malattie neurologiche acute nella popolazione italiana risulta essere del 4,38 % – afferma Gioachino Tedeschi, direttore della Clinica Neurologica della seconda Università degli Studi di Napoli, di cui il 3,54 % delle malattie sono croniche. Il 50% della disabilità mondiale è dovuta a malattie del sistema neurologico”. La situazione in Campania è in linea col resto del paese, anche se per l’ictus, l’attività delle stroke unit nel Sud, fatica generalmente a concretizzarsi nella sua pienezza. Ettore Bidoli, dirigente biologo Epidemiologia e Biostatistica dell’IRCCS CRO di Aviano, Pordenone, ha spiegato che le modificazioni a livello mondiale dei fattori di rischio legati agli stili di vita e a fattori ambientali, porteranno a una drammatica crescita delle patologie oncologiche nei Paesi del Nord Africa e Mediorientali che si affacciano sul Mediterraneo, prevedendo una tendenza per il 2030 addirittura triplicata per i tumori alla mammella e alla cervice.
Saverio Stranges, direttore scientifico del Dipartimento di Population Health at the Luxembourg Institute of Health, si è focalizzato nel suo intervento sulla differenza di due indicatori fondamentali utilizzati in epidemiologia: incidenza e mortalità. Le stime puntuali di incidenza per l’anno 2015 indicano, per la popolazione maschile, la Campania come la regione a maggior rischio di tumore polmonare e il Trentino Alto Adige come quella a rischio più basso. La Campania, infatti, è la regione con la più alta prevalenza di fumatori negli ultimi 20 anni. Anche per il tumore alla mammella, il gap tra incidenza e mortalità, è ancora più elevato, poiché risulta essere molto bassa l’incidenza, ma più alta la mortalità, legata anche e soprattutto all’efficienza del sistema sanitario campano.
Franco Buonaguro, direttore della Struttura Complessa di Biologia Molecolare ed Oncogenesi Virale, ha affermato che “circa il 20% delle patologie oncologiche globali sono il risultato di un’infezione cronica, con una media inferiore al 10% nei paesi industrializzati ed una media superiore al 30% nei paesi in via di sviluppo. Le patologie a patogenesi infettiva sono presenti anche in Italia, ma trovano la loro massima espressione nel Mediterraneo in Egitto dove la prevalenza, per esempio, di infezioni da HCV supera il 70% in alcuni gruppi a rischio. Tali dati sono rilevanti sia per contenerne la diffusione, sia per implementare idonee strategie terapeutiche e limitarne la progressione ad epatocarcinoma”.
Domenica Taruscio, direttore del Centro Nazionale Malattie Rare (Istituto Superiore di Sanità), ha parlato delle malattie rare, un gruppo di patologie (circa 8.000) molto eterogenee fra di loro per patogenesi, sintomatologia, età di insorgenza, gravità e scarsa disponibilità di trattamenti mirati e risolutivi. Le malattie rare rappresentano a livello nazionale ed internazionale un esempio per lo sviluppo di nuove strategie per la ricerca, l’innovazione e la sostenibilità dei sistemi sanitari. I macrogruppi di patologie rare sono accomunate da bisogni trasversali comuni che necessitano approcci interdisciplinari e interprofessionali, sia a livello di ricerca scientifica che di assistenza clinica.
Roberto Monaco, anatomopatologo AORN Cardarelli di Napoli, consigliere del Board Nazionale ONG APOF- Patologi oltre Frontiera, ha spiegato che il cancro rappresenta uno dei grandi problemi del mondo a basse risorse, dove incidenza e mortalità spesso coincidono. Senza diagnosi, non esiste la possibilità di individuazione precoce della malattia neoplastica né di programmi di prevenzione. APOF segue diversi progetti, principalmente nell’Africa subsahariana, dove sta cercando di implementare programmi di screening soprattutto per il cancro della cervice uterina e della mammella, che rappresentano le prime cause di morte per neoplasia nelle donne africane.
Nereo Segnan, direttore S.C. afferente al DipartimentoPrevenzione Secondaria dei Tumori, A.O.U. Città della Salute e della Scienza di Torino, Il Centro di Riferimento per l’Epidemiologia e la Prevenzione Oncologica in Piemonte (CPO) è impegnato in progetti di cooperazione internazionale con i Paesi non-UE del Mediterraneo, con iniziative di networking e capacity building per il potenziamento della prevenzione e della diagnosi precoce dei tumori e soprattutto strategie di screening del cancro della cervice uterina, che siano sostenibili e di provata efficacia. Paolo Muto, Struttura complessa Radioterapia Istituto Nazionale Tumori IRCCS Fondazione Pascale, Napoli , ha affermato che “in Italia le apparecchiature radianti sono equamente distribuite sul territorio regionale ma con un modesto squilibrio tra Nord e Sud in quanto il rapporto in Lombardia tra numero di abitanti ( circa 10 milioni) e numero di apparecchiature (75 Linac) determina un rapporto di 7,5 Linac per milione di abitanti. In Campania con 5,8 milioni di abitanti abbiamo un totale di 27 Linac quindi un rapporto di 4,7 Linac per milione d’abitanti. Pertanto, risulta evidente che un paziente in Lombardia possa essere accolto più rapidamente rispetto al paziente campano. Altro aspetto che può interessare questa tavola rotonda risulta essere il costo della radioterapia, per l’acquisto di tali apparecchiature legato alla capacità dell’amministratore di chiudere la gara per l’acquisto, che risulta essere un costo di circa il 10% del valore della macchina”.
La sessione pomeridiana ha messo a confronto esperti che hanno dibattuto sul tema della prevenzione e degli stili di vita: Marco Margheri, direttore Happy Ageing, Alleanza Italiana per l’Invecchiamento Attivo, e Sandro Cinquetti, direttore del Dipartimento di Prevenzione Azienda ULSS 7, hanno parlato di prevenzione: “In Italia si parla molto di prevenzione ma se ne fa ancora troppo poca. Il nostro Paese è da due anni senza il Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale – pronto e ancora fermo, basti considerare i casi di morti per meningite in Toscana nelle ultime settimane e i costi sociali di oltre 500 milioni di euro l’anno derivanti dalle conseguenze delle mancate vaccinazioni contro influenza e polmoniti” – ha affermato Marco Margheri. “Il quadro epidemiologico attuale che caratterizza molti paesi ad economia avanzata, tra i primi l’Italia, vede un importante continuo miglioramento della speranza di vita. Tuttavia, tale miglioramento non registra valori particolarmente brillanti in merito al parametro “speranza di vita in buona salute” – ha concluso Sandro Cinquetti.
Questo convegno ha presentato alcune strategie sostenibili per promuovere la qualità e la funzionalità dei nostri sistemi sanitari, e sviluppare il tema della Precision Medicine e della Lifestyle Medicine prevalentemente in ambito oncologico e di patologie degenerative. L’attenzione è stata rivolta alle condizioni di risorse limitate, anche in un’ottica di cross-boarding health care, che è un po’ di più della semplice medicina trans-regionale o transfrontaliera. Anche per il fenomeno della migrazione, queste sono vantaggiose opportunità di civilizzazione verso il Mediterraneo e il Vicino Oriente, in grado di mettere a profitto il patrimonio di credito attribuito al sistema Italia – ha concluso Guglielmo Trovato, Federsanità ANCI.
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