La Cassazione ha cancellato la parola “mafia” dal titolo del processo romano passato alle cronache come “Mafia capitale” e che aveva comportato per i maggiori imputati il carcere duro. In sostanza ha confermato la sentenza di primo grado, che aveva escluso che il comitato di affari simboleggiato dai volti di Buzzi e Carminati (foto) potesse essere catalogato come organizzazione di stampo mafioso. Insomma quello che è stato definito il «mondo di mezzo», per la suprema corte, non ha le caratteristiche di una struttura mafiosa, per cui i reati – che non vengono cancellati – vanno perseguiti in quanto tali.
E’ ovvio che gli imputati esultino e per loro esultino i difensori: «Roma è liberata dalla mafia. È stata scritta una pagina finalmente chiara. Credo che il tempo mi abbia dato ragione. Soprattutto questo collegio, che nessuno potrà mai delegittimare. La vita di Salvatore Buzzi da questo momento è cambiata, potrà guardare al suo futuro», ha detto il suo difensore, Alessandro Diddi, dopo il verdetto definitivo. «Ora c’è un annullamento con rinvio e dobbiamo fare dei conteggi», aggiunge l’avvocato spiegando che sul profilo sanzionatorio bisogna capire.
Va ricordato che in primo grado la presidente della decima sezione penale, Rosaria Ianniello, aveva respinto l’ipotesi di un’associazione mafiosa, sostenendo l’esistenza di due gruppi criminali, uno facente capo a Salvatore Buzzi e dedito alla corruzione più un altro che sfruttava la fama criminale di Massimo Carminati per mettere in atto estorsioni e intimidazioni. La corte d’appello, presieduta da Claudio Tortora, aveva ribaltato quella sentenza affermando che il «Mondo di mezzo» era mafia, cioè un’organizzazione criminale in grado di condizionare l’amministrazione cittadina, all’epoca guidata dalla destra di Gianni Alemanno.
Il processo era stato istruito sulla base delle indagini condotte dal procuratore capo Giuseppe Pignatone, conclusesi con una retata di 37 persone attuata nel dicembre 2014. Poi era proseguita con altri 44 arresti a giugno 2015. Quindi il fenomeno di Mafia Capitale aveva tenuto banco con l’ ex sindaco Alemanno, prosciolto dall’accusa di mafia, ma finito a processo per corruzione, come un alto funzionario dello Stato, Luca Odevaine, condannato a 2 anni e 8 mesi di carcere e decine di funzionari processati per aver alimentato un sistema corruttivo che era entrato nel cuore dell’amministrazione capitolina. Una commissione, guidata dall’allora prefetto Franco Gabrielli, aveva analizzato gli atti del Campidoglio ed era giunta alla conclusione che il Comune non era interamente infiltrato dal malaffare e dunque non andava sciolto.
Una prima reazione è arrivata dal capo della Lega, Matteo Salvini, con questo lapidario commento nella registrazione di “Porta a porta”: «Non è mafia? E cos’era, volontariato?». Salvini forse ha dimenticato che i fatti si riferiscono a quando il sindaco di Roma non era la Raggi, ma un esponente della destra, Alemanno.
La sindaca di Roma ha assistito alla lettura della sentenza della Cassazione assieme al presidente della commissione Antimafia, Nicola Morra. E ai giornalisti ha detto: «Oggi si chiude una vicenda che ha ferito la nostra città. Siamo qui a testa alta per tutti i cittadini onesti che insieme a noi combattono per la legalità e contro il malaffare».
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