di SERGIO SIMEONE* – Massimo D’Alema ha annunciato di voler rientrare nel Pd ed ha auspicato che tutti i componenti di “Articolo 1”, la formazione politica nata dopo la scissione del 2017, facciano altretta
Lo ha detto con una certa ruvidezza (il renzismo è stato una malattia del PD da cui il PD è guarito), dovuta in parte al suo carattere, in parte al fatto che lui fu a suo tempo indicato da Renzi come il principale obiettivo della “rottamazione”, la parola d’ordine con cui il politico fiorentino iniziò la scalata al vertice del Pd. E la cosa ha prodotto ovviamente un certo risentimento.
Ma l’uscita di D’Alema ha suscitato reazioni negative sia in una parte del Pd, dove sono ben presenti
ed operanti esponenti renziani, alcuni in posizioni di potere (si pensi al ministro Guerini), i quali ritengono che Speranza, Bersani e compagni abbiano con la loro fuoruscita indebolito il partito, sia nella base di Articolo 1, dove molti pensano che le posizioni delle due formazioni politiche siano ormai
inconciliabili e che un ritorno nel Pd sarebbe una “andata a Canossa”.
In realtà la parte debole della dichiarazione di D’Alema consiste nell’idea sottostante: che, prima
della segreteria di Renzi, il Pd fosse come un treno che correva su un giusto binario. Superata la
deviazione renziana, il treno, secondo la rappresentazione dalemiana, sarebbe ritornato sul binario
giusto e ora occorre semplicemente risalire a bordo. Non è così. Il renzismo nasce dopo e a causa
della debolezza della segreteria di Bersani.
Non solo. Nel frattempo tutta la realtà è mutata con l’emergere di nuove problematiche in campo economico,
sociale e in quello dei diritti civili, rispettoalle quali la linea del partito e la sua organizzazione
devono essere profondamente ripensate.
Dall’altra parte i sostenitori ad oltranza della permanenza di Articolo 1 devono pur riflettere sul fatto
che i consensi a questa formazione nei sondaggi non superano il 2% dopo ben 5 anni di vita. Una
ragione ci sarà.
Queste cose in effetti le sanno tanto i vertici del Pd quanto quelli di Articolo 1. E’ questa la ragione
per cui Enrico Letta ha lanciato le agorà come strumento per ridefinire la linea politica con
l’apporto non solo degli iscritti al partito, ma anche con quello di partiti ed associazioni che abitano
la sinistra, e Articolo 1 ha deciso di parteciparvi. Sono quindi le agorà, se ben gestite, lo strumento
giusto per avviare in modo corretto il processo unitario: Articolo 1 non va a Canossa, non aderisce
cioè passivamente ad una linea politica preesistente, ma partecipa alla elaborazione di una linea
politica nuova di tutto il centrosinistra.
Letta, a sua volta, può tentare di aggregare il litigioso mondo di partiti e associazioni che abitano lo spazio politico
del centrosinistra sollecitandolo a misurarsi sulle tematiche che oggi sono sul tappeto (dal modo di affrontare
il problema del lavoro, delle diseguaglianze e dei diritti civili) senza che nessuno pensi di avere la verità in tasca.
*Sergio Simeone, docente di Storia e Filosofia, è stato anche dirigente del Sindacato Scuola della Cgil
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