Il Piano Nazionale italiano per l’uso del Recovery Fund per accedere al Next Generation UE prevede uno stanziamento su più voci per la sanità. Secondo il Governo oltre ai 9 miliardi per l’assistenza di prossimità, telemedicina e digitalizzazione dei servizi, l’ammodernamento dell’edilizia sanitaria ricadrebbe nell’efficientamento degli immobili pubblici con complessivo stanziamento di 40 miliardi (di cui la parte sanitaria è da decidere). A questi andrebbero aggiunti 8 miliardi già stanziati nell’anno del COVID-19 e 4 miliardi inclusi nella legge di bilancio del 2020 a cui la manovra per il 2021 ne aggiungerebbe altri 4 per la stabilizzazione precari e rinnovi contrattuali. In tutto sarebbero dal 2020 al 2026 circa 25 miliardi.
Vige però una certa confusione sia sull’effettivo stanziamento complessivo per la sanità, sia sui progetti da proporre e sulla sostenibilità futura del sistema considerando che buona parte degli stanziamenti si aggiungeranno al debito pubblico. Entro il 30 aprile del 2021 tutti gli Stati membri dovranno far pervenire i rispettivi Piani e l’Italia appare in ritardo rispetto, ad esempio a Francia, Germania e Spagna.
Per discutere e fare chiarezza sugli stanziamenti per la sanità, sulle necessità e sulle possibilità reali dell’Italia, “Motore Sanità” ha organizzato il webinar sul tema “Recovery Fund: investimento in salute e sostenibilità futura del Sistema Sanitario Nazionale“.
«Il recovery fund, nell’ambito del programma Next Generation UE, all’interno dei vari progetti per adesso selezionati compresi gli stanziamenti per la pandemia già in atto – ha spiegato Claudio Zanon, direttore scientifico di Motore Sanità – ammonterebbe per la sanità all’incirca tra i 30 e 35 miliardi scaglionati nel tempo. Sono sufficienti? Sono sostenibili per l’Italia nel medio e lungo periodo? Saranno gestiti a livello centrale come pare o vi sarà una compartecipazione regionale? E la gestione centralizzata non cozza con l’articolo V?
Molti sono i quesiti e le dinamiche e scarsa è la trasparenza per ciò che concerne il più grande sforzo monetario europeo post bellico. Il Webinar di MotoreSanità è un primo approccio a tematiche che non possono non vedere la partecipazione di tutti gli operatori sanitari e dei rappresentanti dei cittadini che hanno il diritto di capire e conoscere al di là dei misteri della battaglia governativa».
Dario Manfellotto, presidente nazionale FADOI, Società scientifica di Medicina Interna, ha detto: «Come presidente FADOI, la Società scientifica che riunisce i medici internisti ospedalieri, sottolineo sempre che noi abbiamo seguito il 75% dei malati COVID ricoverati. Da una nostra stima approssimativa, abbiamo valutato che siano circa 700 mila i pazienti internistici complessi, che non è stato possibile ricoverare in ospedale nel 2020 per il grande afflusso e l’impegno per il COVID. Sia nel 2018 sia nel 2019 infatti erano stati circa un milione i ricoveri nei reparti di Medicina interna, di cui il 56% pazienti cronici riacutizzati. Da qui dobbiamo ripartire, garantendo l’assistenza ai malati COVID m anche a quell’enorme numero di malati cronici, complessi, fragili, pluripatologici e non solo anziani, che abitualmente abbiamo assistito nei nostri reparti.
A tale scopo, abbiamo sempre proposto il modello ospedaliero «a fisarmonica», che si allarga e si restringe a seconda delle necessità. Fondamentale da adesso in poi. Purtroppo, negli anni passati si è drasticamente ridotto il numero di posti letto ospedalieri, sostenendo di voler rafforzare la «medicina territoriale». Ma in realtà, non è andata così.
Adesso tutte le Regioni, sulla base delle indicazioni ministeriali, dovrebbero attivare un piano che stabilisca minuziosamente il numero di posti letto, COVID e no, di ciascun ospedale, da incrementare o ridurre a seconda dell’andamento del contagio. Ho molto apprezzato che nella bozza appena divulgata del recovery plan sia citata espressamente la Medicina Interna, con le parole “è necessario colmarele carenze relative sia relativamente ad alcune figure specialistiche (in particolare in anestesia e terapia intensiva, medicina interna, pneumologia, pediatria) sia nel campo della medicina generale”. Noi quest’anno abbiamo fatto fronte all’emergenza, quasi raddoppiando i carichi di lavoro, con lo stesso personale di prima. Dobbiamo ripartire da qui per garantire assistenza per tutti con una organizzazione più efficiente»
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