PUNTO DI VISTA/ Quanto ha inciso anche… la pandemia sull’esito del voto nelle grandi città

di  SERGIO SIMEONE* – L’affermazione del centrosinistra e la débacle del centrodestra nelle grandi città al  primo turno delle elezioni amministrative sono da attribuire certamente anche agli errori commessi dalle forze di destra nell’impostare la campagna elettorale (a partire dalla scelta dei candidati). Ma gli effetti di questi errori sono stati ingigantiti da un radicale cambiamento nel modo di guardare la politica, i suoi attori e le loro mosse da parte degli elettori. E questo cambiamento è stato prodotto dalla pandemia. Sì, perché la pandemia ha prodotto (dico una cosa ovvia e risaputa, ma è importante tenerlo presente anche nell’analizzare il voto) un enorme trauma nella gente, che ha visto messa in pericolo grave la propria vita ed il proprio benessere economico. Chi, perciò, ha mostrato di prendere sul serio questo pericolo e di volere e, soprattutto, saper prendere le giuste misure per fronteggiarlo (anche ricorrendo alla limitazione di alcune libertà) è stato molto apprezzato . Sono così mutati i parametri in base ai quali valutare l’azione dei politici: non l’abilità affabulatoria, ma la serietà, la capacità amministrativa, la competenza nell’affrontare e risolvere i problemi.

Infatti, prima Conte e poi Draghi e Speranza hanno raccolto nei sondaggi l’apprezzamento dalla grande maggioranza degli italiani proprio perché rappresentativi di queste qualità.  Va da sé che chi invece ha preso sottogamba la pandemia e si è dedicato a creare continui ostacoli all’azione del governo nell’azione di contenimento del  contagio è stato visto come un fastidioso e irresponsabile disturbatore.

E’ alla luce di questi nuovi  parametri che sono state valutate dagli elettori le diverse scelte dei candidati da parte dei due schieramenti politici:  un manager che aveva dato prova delle sue capacità organizzative gestendo l’Expo, come Sala, un saggio amministratore come Lepore, un  ingegnere Rettore di una prestigiosa Università, come Manfredi, nessuno di loro carismatico o brillante oratore, ma tutti e tre certamente rassicuranti come amministratori della cosa pubblica, hanno perciò avuto facilmente la meglio su candidati improvvisati che rispecchiavano la superficialità e la improvvisazione dei dirigenti nazionali che li avevano scelti.

Io ritengo che al ballottaggio anche Gualtieri, limitato al primo turno dalla concorrenza di un Calenda onnipresente sui canali televisivi – che ha raccolto voti nella sua stessa area – con la sua solidità amministrativa finirà per prevalere su un Michetti che, con la sua folcloristica premessa di rinnovare a Roma i fasti imperiali, ha già raccolto tutti i voti dello zoccolo duro della destra romana, ma non è in grado al secondo turno di pescare voti  tra gli elettori  di Calenda e di Raggi.

Le premesse per cancellare l’egemonia della destra nel discorso politico ci sono tutte. Tocca ora ai sindaci eletti dimostrare con la concreta attività amministrativa che la scelta degli elettori era giusta e a Letta (galvanizzato anche dal suo personale successo – che lo riporta in Parlamento – alle elezioni suppletive nel collegio di Siena) proseguire nel progetto di allargamento dell’area del centrosinistra (anche al M5s e non solo) per renderlo competitivo alle politiche del 2023.

*Sergio Simeone, docente di Storia e Filosofia, è stato anche dirigente del Sindacato Scuola della Cgil

 

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