Non siamo mai stati tra coloro i quali amano fare in politica d’ogni erba un fascio. Siamo sempre stati convinti che tra i rappresentanti del popolo eletti in Parlamento, o nei consigli comunali e regionali, esistano sia fior di galantuomini che fior di mascalzoni. La responsabilità – come recita la Legge – è sempre e solo individuale.
Ci siamo ribellati ogni volta che Grillo-Robespierre e i suoi sanculotti pretendevano (e continuano a pretendere) la testa di chiunque abbia fatto politica prima del loro avvento o di chiunque oggi non la pensi come loro; pertanto crediamo di avere tutti i titoli per dissociarci anche ora che, sull’onda dello scandalo di Quarto, la “politica nobile” vorrebbe trascinare i pentastellati giacobini al patibolo.
Abbiamo trovato disgustoso il linciaggio dei Cinque Stelle nei confronti dell’ex sindaco di Roma Ignazio Marino (“decapitato” con il beneplacito dell’opportunista Matteo Renzi) e troviamo altrettanto disgustoso il linciaggio, a parti invertite, della sindaca Rosa Capuozzo (“decapitata” stavolta senza il beneplacito, sempre per bieco opportunismo, di Matteo Renzi).
Ciò detto, la vicenda del Comune di Quarto oggi a guida grillina infiltrato dalla camorra (e già per questo in passato sciolto due volte in vent’anni) è un vero e proprio atto liberatorio. Stavolta, i Cinque Stelle la zappa con cui volevano sradicare la malapianta della politica se la sono data sui piedi. La storia di Rosa Capuozzo, del suo assessore in odor di mafia e del “direttorio” che agiva “a sua insaputa”, stile Scajola, ha scardinato la base del fondamentalismo grillino. Ebbene sì, in politica non esiste il mito della purezza, non ci sono “unti del signore”, non ci sono solo angeli o diavoli. C’è, o meglio ci dovrebbe essere, solo gente che lavora nell’interesse comune e che risponde del proprio operato agli elettori e soprattutto alla propria coscienza.
Tornano alla mente quelle devastanti immagini in streaming dell’incontro tra Beppe Grillo e Pierluigi Bersani (allora segretario pd) durante le consultazioni per formare un nuovo governo, che facesse proprie anche alcune delle sacrosante rivendicazioni dei Cinque Stelle e di chi li aveva legittimamente mandati in Parlamento. Tornano in mente gli sfottò, l’arroganza e lo stile del “marchese” del Grillo (“Perché io so’ io, e voi nun siete un cazzo!”). Chissà, se questo fondamentalismo da “guerra santa” fosse caduto allora, forse oggi vivremmo in un paese con più giustizia, uguaglianza e solidarietà. Un paese dove, sul palcoscenico della politica, ci sarebbero più autentici protagonisti e meno comparse. E magari anche più galantuomini e meno mascalzoni.
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