di ENNIO SIMEONE – Quindici giorni fa aveva compiuto i 35 anni, 45 giorni fa si era sposato e da pochi giorni era tornato dal viaggio di nozze. Oggi si svolgono nel paese natìo, Somma Vesuviana, i suoi funerali.
Mario Cerciello Rega – il vicebrigadiere dei Carabinieri assassinato nell’adempimento del suo dovere da un diciannovenne americano in viaggio di piacere in Italia e di droga in un quartiere bene di Roma – era molto di più di un fedele servitore dello Stato. Era, anche quando non indossava la divisa, una persona animata da grande generosità, sempre disponibile ad aiutare chi aveva bisogno di assistenza: da volontario dell’Ordine dei Cavalieri di Malta prestava opera di barelliere, e dava assistenza a chi ne aveva bisogno ma non disponeva dei mezzi economici per procurarsela. “Era un punto di riferimento per il quartiere”, ha detto il comandante della stazione dei Carabinieri di piazza Farnese, Sandro Ottaviani.
Si comprende perciò la spontaneità della commovente manifestazione di dolore e di affetto che migliaia di persone gli hanno tributato partecipando al mesto corteo che a Roma è sfilato per tutta la giornata di ieri davanti alla sua salma e si può comprendere (anche se non si giustifica sul piano legale e professionale) il gesto compiuto da un suo commilitone ed amico, e fissato da una foto che continua a girare sui giornali, in tv e sui social di mezzo mondo, che mostra, bendato e legato a una sedia in caserma subito dopo l’arresto, il giovane americano che gli ha tolto la vita sferrandogli undici coltellate.
Il comandante generale dell’Arma ha, con lodevole immediatezza, adottato il provvedimento disciplinare opportuno nei confronti di chi ha debordato dalle regole cui in Italia i tutori della legge debbono rigorosamente attenersi e la cui violazione rischia persino di compromettere l’entità della esecrazione e della conseguente pena che spetta a quel criminale rampollo della “buona società” americana. Ma per il rispetto dovuto alla memoria di quel giovane e generoso carabiniere non è giusto che nelle cronache prevalga l’immagine del suo spietato assassino nei panni di vittima di una giustizia sommaria. Che in Italia, per fortuna, non esiste.
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