In occasione della consegna del Sigillo della città di Milano, una delle tante onorificenze che gli sono state attribuite nella carriera di magistrato, Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, ha pronunciato, incautamente, sull’onda dell’emozione, una frase di circostanza, affermando che, con il successo ottenuto nella organizzazione di Expo 2015, “Milano si è riappropriata del titolo di capitale morale d’Italia”, mentre la vera capitale, Roma, “non ha gli anticorpi per sconfiggere la corruzione”.
Diciamolo con molta franchezza: una generosa banalità ancor più improvvida alla luce di quanto è emerso in alcune inchieste della magistratura su episodi di corruzione che sono emersi, proprio recentemente, nel capoluogo lombardo, così come sono emersi a Venezia o in Piemonte. Una generosa banalità dettatagli dall’emozione e dal compiacimento per il premio ricevuto dalle mani del sindaco Pisapia. In definitiva nulla di scandaloso se la sua frase non fosse stata amplificata a dismisura dal baraccone dei mass media, che se ne è appropriato con famelica avidità rilanciandola prima su tutti i siti d’informazione e nei telegiornali che in fotocopia vengono vomitati a getto continuo dalle italiche televisioni, quindi il giorno dopo con titoloni di apertura sulle prime pagine dei giornali e infine, di rimbalzo, nei talk show che a getto continuo si offrono alle esternazioni di opinionisti raccattati nei fondi di magazzino del giornalismo e della politica. Tutti seriosamente impegnati in una tormentata ricerca e interpretazione degli “anticorpi” di cui Roma sarebbe priva, alcuni con la malcelata tentazione di individuare il focolaio infettivo in quel chirurgo che due anni fa ha avuto l’ardire di farsi eleggere dai cittadini sindaco di Roma fuori dagli schemi e dai vincoli del partito di appartenenza.
Raramente si era assistito in Italia, benché la degenerazione professionale stia attingendo a vette di uno squallore straripante, ad un degradante spettacolo di anti-giornalismo come questo. Peccato che Raffaele Cantone se ne sia lasciato coinvolgere al punto di essersi inalberato per qualche pacato dissenso venuto dall’Associazione magistrati e di “minacciare” l’uscita dalle sue file. Ci auguriamo che non si faccia tentare da gesti teatrali e rientri serenamente nel ruolo che finora ha svolto con professionalità e senza sovraesposizioni al servizio della legalità in questo paese.
CHI È RAFFAELE CANTONE. Nato a Napoli il 24 novembre del 1963, cresciuto a Giugliano (un paesone della cintura partenopea tormentato dalla malavita), vince il concorso in magistratura nel 1991, nel 1999 entra a far parte della Direzione distrettuale antimafia napoletana e vi rimane fino al 2007 occupandosi di indagini sui più pericolosi clan camorristici della Campania, tanto che dal 2003 è costretto a vivere sotto la protezione di una scorta. Poi, dopo un periodo trascorso nell’Ufficio del Massimario della Cassazione, viene nominato nel 2011 dal governo Monti componente della Commissione incaricata di elaborare le proposte anti-corruzione. Intanto colleziona cittadinanze onorarie in varie città: Cortona in Toscana, Agerola e Sessa Aurunca in Campania e viene nominato presidente onorario del presidio dell’associazione “Libera” di Giugliano, dedicato a Mena Morlando, vittima della camorra.
Il 18 giugno 2013 il presidente del Consiglio dei ministri Enrico Letta lo nomina componente della task force per l’elaborazione di proposte in tema di lotta alla criminalità organizzata.
Il 27 marzo 2014 Matteo Renzi lo nomina presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione. E’ autore di articoli, saggi e libri sui problemi della giustizia.
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