di ROMANO LUSI – Matteo Renzi ha lanciato stamattina attraverso la sua enews una dichiarazione arrogantemente offensiva nei confronti del capo del governo Paolo Gentiloni e dei ministri che lo compongono, incurante del fatto che siano quasi tutti ex membri del suo stesso governo.
Prima ha strattonato l’opposizione interna affermando che “il Congresso del partito si terrà nei tempi previsti dallo Statuto” (e cioè entro i 4 mesi dalle dimissioni del segretario, che perciò lui ha presentato domenica, pur non essendone richiesto, ndr) e aggiungendo con tono di sfida “chi ha idee diverse si candidi e vinca il migliore”. Poi, con il pretesto di polemizzare con la minoranza del suo partito, ha bistrattato il presidente del Consiglio in carica pur senza nominarlo. Queste le sue parole: “Tuttavia non possiamo bloccare ancora la discussione del partito e soprattutto del Paese. E’ tempo di rimettersi in cammino.Tutti insieme, ma non immobili”.
Insomma, lui di fatto accusa esplicitamente di immobilismo il capo del governo e dice che il paese si può “rimettere in cammino” solo se a Palazzo Chigi vi ritorna lui. E’ lo stesso tono e sono le stesse argomentazioni che usò tre anni fa per spodestare Enrico Letta e prenderne il posto. Manca solo l’hastag #paolostaisereno, ma non ve n’è bisogno: l’equivalente è stato quell’applauso a Gentiloni che ordinò all’assemblea del Pd domenica scorsa e che Gentiloni, seduto in silenzio accanto a lui, assecondò associandovi un tiepido strofinio delle mani.
La domanda che sorge istintiva è: perché allora, signor Renzi, ti sei dimesso da capo del governo dopo il 4 dicembre senza che nessuno te lo avesse chiesto? E perché ti sei dimesso da segretario del partito due mesi dopo, anche stavolta senza che nessuno te lo avesse chiesto?
La verità è che, vincendo un congresso di partito addomesticato, mira lui a procurarsi una nuova legittimazione per far dimenticare l’umiliante sconfitta referendaria del 4 dicembre e prendere la nuova rincorsa verso Palazzo Chigi con elezioni anticipate. Insomma lui gioca con le sorti dell’Italia per appagare la sua ambizione personale. E questo nessuno glielo deve permettere: né la maggioranza del partito se ha una spina dorsale, né la minoranza se vuole porre fine a queste squallide tattiche, né le forze politiche di opposizione che blaterano demagogicamente “subito al voto” contribuendo a fare il suo gioco!
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