Renzi respinge ogni mediazione per provocare la scissione del Pd

di ENNIO SIMEONE – Il lupo perde il pelo ma non il vizio. Ma Renzi non perde né il vizio di mentire né il pelo dell’arroganza. E spacca il Pd con il plaudente consenso del gregge di sostenitori che compongono la maggioranza dell’assemblea nazionale del partito e che sperano di ricevere in cambio una poltrona o almeno uno strapuntino.

Emiliano saluta Renzi e Orfini dopo l’intervento in cui ha chiesto al segretario uscente di dare un segnale positivo alla minoranza del Pd (foto Lami per Ansa)

Infatti nella relazione, iniziata con oltre un’ora di ritardo dopo l’annuncio delle sue dimissioni da segretario (rassegnate per dare il via alla procedura per la convocazione del congresso), Renzi ha annunciato che la parola-guida sarebbe stata “rispetto”. Ma poi, via via che procedeva nel suo discorso, ha dimostrato di non averne, di rispetto, né per la verità, né per le persone (presenti e assenti), né per le regole. Fino ad annunciare di non essere disposto ad accettare veti, come quello a candidarsi, che nessuno ha posto: semmai gli è stato dato il consiglio di non candidarsi, per evitargli una figuraccia peggiore di quella fatta con il referendum sulla riforma costituzionale. Ma lui ha dato a questo opportuno consiglio il significato di un ricatto, proclamando: “Potrete battermi ma non eliminarmi”.

Ed è toccato a Guglielmo Epifani – ex segretario della Cgil e ed segretario di garanzia del Pd durante il congresso che portò proprio Renzi, con le primarie, al vertice del partito (da cui fece due mesi dopo il balzo a Palazzo Chigi) – presentare a lui e all’assemblea la lista dei comportamenti e degli atti di governo (sul lavoro con il jobs act, nella scuola con i trasferimenti di massa dei docenti, e nel paese con l’abolizione dell’Imu anche ai milionari, con i referendum sulle trivelle e sulla Costituzione e con la legge elettorale) che hanno segnato una serie di sconfitte del Pd dopo l’effimero successo alle elezioni europee sull’onda degli entusiasmi che aveva creato con le sue promesse di cambiamento poi tradite.

E dopo Epifani anche Gianni Cuperlo gli ha ricordato gli errori commessi nella conduzione di un partito e nell’azione di divisione messa in atto contro chi dissentiva dalle sue scelte e dai suoi metodi, dal ricorso al linguaggio della rottamazione e della denigrazione con epiteti come “gufi” riservati a chi osava richiamarlo alla consapevolezza della realtà della società italiana.

Sono poi arrivati gli accorati inviti – da parte di Piero Fassino, del ministro Andrea Orlando, del ministro Dario Franceschini (che è stato anche segretario del Pd) e persino di Walter Veltroni, padre fondatore del Pd, uscito da un lungo periodo di silenzio –  ad evitare la scissione. Inviti che Michele Emiliano ha raccolto, anche a nome degli altri due candidati in pectore alla segreteria (Enrico Rossi e Roberto Speranza), auspicando che Renzi desse un segnale anche modesto di disponibilità, nelle procedure di svolgimento del congresso, per un confronto programmatico ampio e pacato, non affrettato, senza turbare la prossima scadenza elettorale amministrativa che vedrà andare al voto importanti città e senza incrinare la fiducia nel governo a guida Pd come è quello presieduto da Paolo Gentiloni.

A tutto ciò Renzi ha opposto il muro del silenzio e della sordità, avallando il sospetto di quanti alla vigilia dell’assemblea si dichiaravano convinti che lui abbia voluto e incoraggiato la scissione. Per cui alla sinistra non è rimasto altro da fare che confermare il proposito di una sofferta scissione, che potrebbe consumarsi nelle prossime ore. A meno che qualcuno non riesca a far rinsavire il ducetto di Pontassieve.

Per martedì il presidente del partito, nella veste di segretario facente funzione, Matteo Orfini convoca la Direzione del partito, che nominerà una commissione con il compito di governare lo svolgimento del Congresso, che dovrà compiersi entro 4 mesi. 

1 Commento

  1. Credo che la scissione era già fatta quando nonstante la maggioranza aveva deciso per il SI’. Credo che sia ora che queste due anime inconcigliabili diano al voto la prova di essere “forti”, ma credo che la “vecchia” guardia sia ad un passo dallo sfacelo, perchè in questi 70 anni hanno fatto di tutto per l’immobilismo, ora cera una prospettiva di un cambiamento di rotta. Mi dispiace ma così come hanno fatto hanno dato in mano alla destra l’italia e al M5S. Quindi auguri a questa sinistra che continua a farsi del male da sola; distruggendo il più bel partito politico del dopoguerra.Io un PD senza una identità nuova non lo voterò mai. Quando il ceto medio volta le spalle alla sinistra politica, si continuerà a perdere la forza contrattuale sia sindacale che parlamentare. Oggi si voterà ma sarà difficile raggiungere i 20% tutta la sinistra ecco cosa hanno fatto quei conservatori di sinistra

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