Matteo Renzi cambia verso (anche) nella musica e rompe una tradizione consolidata: scegliere una canzone italiana, magari firmata da un grande cantautore, come inno di un evento o di una iniziativa di partito. Per l’avvio della campagna referendaria per il sì il premier si è orientato sul mercato internazionale puntando su People have the power, il classico di Patti Smith dell”88. Una sorta di rottamazione sonora che rinnova la relazione tra musica e politica che, almeno in Italia, ha vissuto negli anni tra alti e bassi. Ma anche visto che lui del potere del popolo se ne infischia, o meglio si fa gioco raccontandogli una balla dopo l’altra tutti i giorni con qualunque mezzo di comunicazione. Insomma una rottamazione della verità. Ai tempi delle primarie del centrosinistra si era fatto accompagnare da Jovanotti con Il più grande spettacolo dopo il big bang.
E prima di lui? Walter Veltroni aveva chiesto (prima di Renzi) a Jovanotti di utilizzare Mi fido di te. Poi per un po’ di tempo agli eventi del Pd si suonò Il cielo è sempre più blu di Rino Gaetano, fino a quando Pier Luigi Bersani decise di puntare prima, nel 2011, su Cambierà di Neffa e poi, per la ‘sua’ campagna elettorale da leader Pd, su Inno di Gianna Nannini. Ma nel centrosinistra l’abbinamento che viene subito in mente è la Canzone popolare di Ivano Fossati con l’Ulivo di Romano Prodi.
Per il resto, la colonna sonora della politica italiana spazia dagli inni scritti ad hoc per Silvio Berlusconi (da Azzurra libertà’del 2000 a Meno male che Silvio c’è del 2008) fino a L’urlo della rete di Beppe Grillo in campagna elettorale passando per Pace e libertà scritta da Luca Sardella per l’Udc.
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